DI PIERO ORTECA
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Trump da futuro Presidente promette ai suoi finanziatori ebrei l’annessione israeliana della Cisgiordania ora occupata. Un report di Politico e un articolo del New York Magazine, ripreso dal quotidiano israeliano Haaretz, sintetizzando, così, anche le rivelazioni di un servizio della BBC, dedicato ai «miliardari che sostengono Trump dopo la sua condanna».
Solo ipotesi, ma tanti soldi veri
Secondo questa ipotesi, in cambio di una prima donazione-monstre (oltre 100 milioni di dollari?), seguita da altre elargizioni di ‘approvazione’ per la sua battaglia politica contro Biden, il candidato repubblicano avrebbe preso qualche impegno politicamente ‘compromettente’. Forze anche qualcosa di peggio. E anche se non ci sono registrazioni, i precedenti dicono molto.
L’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme
In un articolo del New York Times del 2016, si racconta che Trump, a corto di soldi per affrontare Hillary Clinton, raggiunse un accordo con un finanziatore ebreo, Sheldon Adelson, il magnate dei casinò di Las Vegas. Dare avere, transazione d’affari. Venti milioni di dollari, in cambio della ‘benevolenza’ di Trump se fosse diventato Presidente. E la benevolenza promessa e poi mantenuta -come sa il mondo-, si traduceva nel trasferimento dell’ambasciata americana, da Tel Aviv a Gerusalemme. Non un gesto logistico, ma di dirompente portata politica per i palestinesi di Gerusalemme Est e decine di deliberazione delle Nazioni Unite ridotte a carta straccia.
Relazioni d’affari anche politici
«Questo fu l’inizio di una relazione fruttuosa e gratificante – scrive Haaretz – per entrambi gli uomini». Nel complesso, Adelson ha investito oltre 90 milioni di dollari su Trump, l’ambasciata si è trasferita a Gerusalemme (contro il parere degli assistenti del Presidente) e Adelson è diventato il donatore più influente di Trump. Poi tutto si è complicato nel 2021, perché il benefattore è morto. E la vedova, la straricca Miriam, aveva fatto sapere al mondo che non avrebbe voluto avere niente a che fare con la politica. Solo che le cose cambiano. Suo marito, tramite una delle organizzazioni a lui legate, aveva fatto pubblicare sul New York Times un tributo a Trump, relativo alla storia dell’ambasciata. «Presidente Trump, hai promesso e hai mantenuto!»
Ora la vedova ci ripensa
Ora, col candidato repubblicano avanti nei sondaggi, la speranza di ottenere altri impegni è di nuovo concreta. Così, Miriam Adelson e Trump si sono visti a cena, a Mar-a-Lago, per guardarsi negli occhi. Ecco quello che ha detto Trump, secondo due giornalisti di Israel Hayom, citati da Haaretz: «Sono stato fedele a Israele. Sono stato il miglior Presidente della storia, con un fattore 10 per Israele, grazie a tutte le cose che faccio. L’ambasciata, Gerusalemme come capitale. E poi ci sono gli accordi di Abramo e le alture del Golan….». Detto fatto. C’era solo un problema, a sentire l’articolo di Elizabeth Weil, sul New York Magazine: Trump aveva anche parlato di ‘pace’ e di ‘finire la guerra’. A quel punto, dice Haaretz, i soldi del contributo restavano ancora lontani.
“Finire la guerra” ma solo dopo aver preso tutto
«Perché Miriam Adelson, residente a Herziliya, in Israele, e grande donatrice per lo sviluppo degli insediamenti in Cisgiordania, non voleva che Trump desiderasse la pace – aggiunge il quotidiano di Tel Aviv -. Non voleva sentire nulla che potesse essere interpretato come una critica a Israele. Secondo il rapporto, ciò che lei realmente vuole dal nuovo mandato di Trump è l’annessione israeliana della Cisgiordania e il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità di Israele su tutte le regioni del Paese. In queste condizioni, non c’è spazio per l’Autorità palestinese e nessuno con cui firmare un accordo di pace». Se questi sono i retroscena, diventa più comprensibile interpretare l’attuale dinamica della politica interna americana.
Lacerata e ondivaga politica interna Usa
Ha suscitato una certa sorpresa il fatto che, dopo la sentenza di New York, le donazioni per la campagna elettorale dell’ex Presidente abbiano avuto un’impennata. Aiutandolo a colmare il divario con le casse di Biden, che sono molto più piene e pronte a essere utilizzate per l’assalto finale alla Casa Bianca. Tuttavia, la battaglia senza esclusione di colpi per il «reperimento di risorse elettorali» dura da sempre e, come abbiamo visto, i protagonisti tra i finanziatori (in senso bipartisan) sono spesso eminenti imprenditori e uomini d’affari ebrei.
I magnati ebrei che vogliono Trump
La BBC, alla già citata Adelson, aggiunge un elenco ristretto di magnati ebrei che sosterranno Trump, come l’investitore della Silicon Valley, David Sacks; il gestore di hedge funds, Bill Ackmann; Steve Schwarzman, Ceo di Blackstone e Nelson Peltz, investitore miliardario. Finora, le statistiche dicevano che Biden superava Trump di un fattore 2 a 1, per quanto riguarda la raccolta fondi. Ma in questa fase la situazione sta cambiando.
“In tutto aprile Trump ha raccolto 76 milioni di dollari e l’altro ieri, in 24 ore, dopo la condanna, addirittura 53 milioni. «Un esame dei dati della CBS – sostiene nel suo servizio la BBC – ha rilevato che la raccolta fondi di Trump tende a godere di un impulso nei momenti chiave delle sue varie battaglie legali». Insomma, più lo condannano e più soldi incassa”.
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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
5 Giugno 2024