DI PIERO ORTECA
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Subito al voto per logorare le destre e preparare le Presidenziali. Marine Le Pen e tutta la destra francese, dopo i clamorosi risultati delle elezioni europee potrebbe prendersi la Francia. ‘Elezioni politiche subito’ decide il Presidente Macron. Un “colpo di teatro” o, a sentire molti commentatori internazionali, un azzardo, visti gli scenari politici che potrebbero materializzarsi.
Dal voto di protesta al voto di governo
Quella di Monsieur Macron è una scommessa e una sfida, sulla capacità che avrà il partito della Le Pen di presentarsi come “destra di governo”. Il Presidente gioca anche sui numeri, ritenendo che il Ressemblement difficilmente potrebbe riuscire a trovare partner, per fare coalizione al centro. Certo, sono ancora i primi giorni di trattative, però l’inquilino dell’Eliseo potrebbe avere sbagliato i suoi conti.
Gollisti. È di ieri sera, infatti, la notizia (data in esclusiva da Le Figaro) che il leader dei Republicaines, i neo-gollisti, Eric Ciotti, si è espresso a favore del ‘matrimonio’ elettorale con gli eredi del tanto vituperato ex Fronte Nazionale.
Mercato gollista con inciampo
“Una presa di posizione che ha sollevato un vespaio di polemiche, dentro lo stato maggiore del partito. In una lettera aperta, primo firmatario Gerard Larcher, Presidente del Senato, si spara a zero contro l’apparentamento.”
Si sostiene che «Macron si presenta come un baluardo contro il populismo, dimenticando che esso è il termometro elettorale dei veri problemi dei francesi… la Francia ha bisogno di un cambiamento profondo. Però il Paese non uscirà dall’impotenza scegliendo l’incompetenza». La lettera si conclude con un invito «a non firmare assegni in bianco al Rassemblement National, una cosa che esporrebbe il nostro Paese all’instabilità politica e finanziaria in un momento in cui si trova ad affrontare molteplici crisi».
Dopo i gollisti problemi a “destra-destra”
Se si spaccano i Repubblicani, lo fa anche la ‘destra-destra’, quella che «più estrema non si può», di Eric Zemmour. Infatti, la Le Pen e il suo giovane candidato premier, Jordan Bardella, come scrive Le Monde, ‘ non hanno accettato di accordarsi con i «duri e puri di ‘Reconquete’». Questioni di perbenismo democratico? No, più semplicemente problemi di sostanza, cioè di spartizione dei collegi elettorali. Gli estremisti di Zemmour ne volevano 60, di cui almeno una decina ‘sicuri’. La Le Pen ha detto no, perché, evidentemente pensa di pescare, a piene mani, consenso tra i moderati al centro, gli indecisi e quelli che Le Figaro chiama «categorie di sinistra che votano a destra». Cioè, quei gruppi sociali che non si sentono più rappresentati dai vecchi partiti operai di massa. E comunque stiamo parlando di una ‘dote’ di poco meno di un milione di voti.
La sinistra, intanto suona l’allarme
Mentre Macron ‘gioca a poker’ con le destre, sulle spalle del Paese, anche a Parigi cercano d’incollare velocemente una coalizione da «campo largo», modello italiano. Ma, dopo un secolo di risse, riuscirà la ‘gauche’ a realizzare finalmente una fusione tra le sue diverse anime? Per ora, i socialisti di Glucksmann e i seguaci di Melenchon (France Insoumise) sembrano aver trovato una difficile quadra. Ma con numeri che, messi assieme, arrivano a malapena al 25 per cento. Ma il problema è un altro. Le legislative francesi, indette a rotta di collo dopo la sconfitta elettorale del Presidente, saranno consultazioni ‘atipiche’. Cambieranno, insomma, gli schemi classici di ricerca del consenso.
Macron, puntata al buio
Su questo aspetto punta (al buio) Macron. Alle europee il suo partito Rinascimento ha preso la metà dei voti del Rassemblement e il New York Times, per esempio, si chiede quali calcoli stia facendo l’Eliseo. «Cerca di ‘stanare’ i veri elettori moderati, mettendoli davanti a un possibile salto nel buio con la Le Pen?». Oppure, vuole solo accelerare l’inevitabile. Cioè, perdere le elezioni prima possibile e fare andare al governo le destre, affidando loro tutte le patate bollenti che nessuno, in questi ultimi anni, è riuscito a pelare? A cominciare da una devastante riforma delle pensioni, per finire alla rivolta del settore agricolo, spesso ostaggio delle politiche di Bruxelles sulla transizione energetica. Necessarie, ma ‘studiate’ male da burocrati incapaci.
Destra allo “sbaraglio di governo”?
Come pensano diversi analisti, il Presidente potrebbe mandare allo sbaraglio un governo Le Pen (o, a quanto pare, Bardella). Farlo logorare e poi raccogliere i frutti del disastro politico, alle elezioni presidenziali del 2027. D’altro canto, la coabitazione lascerebbe all’Eliseo, ampi poteri in politica estera, questioni di difesa e affari costituzionali. Machiavellico. Solo che, nel frattempo, la Francia potrebbe ‘rompersi’, lacerata da un potere diviso a metà. Per ora, il Paese ha scavalcato tutti gli altri: è lei in questo momento la «grande malata d’Europa». Più della stessa Germania, economicamente depressa e governata da un Cancelliere ondivago e senza polso, come Scholz. E più del Regno Unito di Rishi Sunak, che dell’UE non fa parte, ma la cui instabilità politica, ormai divenuta cronica in questi ultimi anni, si riverbera, nel bene e nel male, anche sulla vita del Vecchio continente.
Paese chiave dell’Unione
La Francia non è l’Ungheria di Orban. È un pilastro dell’Unione Europea e le sue vicende, sociali, istituzionali e finanziarie, influenzano in modo determinante il difficile processo di integrazione comunitario. Proprio per questo, l’improvvisa crisi di governo apre la strada a una serie di riflessioni su un possibile ‘effetto domino’ sull’Unione.
“Ha scritto acutamente il New York Times: «In ampi settori della Francia è cresciuta la sensazione, come è successo negli Stati Uniti nel periodo precedente alle elezioni del 2016, che il Paese abbia provato di tutto e debba provare qualcosa di nuovo, per quanto pericoloso». Beh, con tutto il rispetto, noi di questi esperimenti faremmo volentieri a meno.”
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
12 Giugno 2024