Pur di restare al potere la Meloni, con i separatisti della lega, spacca il Paese con l’autonomia differenziata

DI SALVATORE GRANATA

 

La questione Meloni, o della destra in generale, al potere per altri anni a venire è semplice: meno gente va a votare, più i nostalgici di Benito o di Andreotti restano sulle poltrone.
Infatti Salvini, la premier stessa o Tajani non invitano mai gli astensionisti al voto.
Sanno che è meglio non stuzzicare la gente stufa o incaz**ta.
Nell’astensionismo non ci sono voti per la destra (dove per destra si intende anche la barzelletta vivente Renzi&Calenda).
Chi ha quegli ideali va sempre a votare, non salta un’elezione, perché i voti corrispondono a determinati interessi.
E sono solitamente voti provenienti dal ceto alto. Dal ceto privilegiato.
Nel centrosinistra, o perimetro progressista, o democristiano in base al segretario di turno, hanno bisogno di quei voti invece. Infatti, quando fanno una campagna elettorale mezza discreta riescono a racimolare qualcosina in più del solito, seppur insufficiente per sorpassare la destra. Ancora ci sono sacche di resistenza, vedi i risultati del pd o di Avs alle Europee.
In particolare il pd ha un buon bacino di voti del ceto medio-alto. Per intenderci, voti portati da un Casini, un Franceschini o una Serracchiani. Bersani, l’unico con ideali più vicini a Berlinguer, come sempre in minoranza, ostinato a restare lì, fa sempre la sua figura e porta voti.
A differenza di Avs che pesca più da antichi “komunisti russofili” e da “vip del momento”, tipo Soumahoro o la Salis.
In mezzo il M5S che galleggia solo grazie all’effetto Conte. Nessun deputato infatti riesce a campare politicamente, se non mette la parola Conte all’interno di una frase. Senza Conte scomparirebbe.
C’è chi dice sia un bene, altri, la maggior parte, pensano sia un male.
E infatti non vanno più alle urne.
Nel 52% degli astensionisti, che vi piaccia o meno, c’è una grossa fetta di elettori del primo movimento.
Tutto quello che verrà dopo Crimi, Taverna, Fico (e Di Maio stesso), non è più credibile.
Questi di cui parlo, in differenti modi, si sono “impossessati” di un simbolo che prima era universale, umile e inclusivo.
Almeno, e menomale, i valori non possono comprarli. E quindi si spera che prima o poi, le “nuove leve” capiscano gli errori del passato e non prendano minimamente esempio dai succitati, perché un movimento, in Italia, fa sempre bene. Un movimento serio, non l’ennesimo partito.
Parlano inoltre i numeri e i fatti spiegati spesso dal sottoscritto (l’accentramento di potere in mano a pochi, i territori abbandonati, i coordinatori regionali e provinciali in modalità capibastone, portaborse riciclati, eletti al secondo mandato o al primo che tra non molto si scateneranno e una comunicazione a dir poco inefficace), che spiegano molto bene la disaffezione politica e soprattutto la crisi totale del M5S.
Questo scenario di cui sopra lo vedrete, nonostante ai tifosi non piace sentirselo dire, nel 2026 (un anno prima della caduta dell’attuale esecutivo). Segnatevi questa data.
E allora pur di bivaccare al potere, la Meloni, con la spinta separatista della lega, prova a distruggere l’unità nazionale con l’autonomia differenziata.
Sapendo che il Mezzogiorno, più povero rispetto al Nord, ha una popolazione indebolita, devastata psicologicamente, rassegnata e stanca di essere presa in giro, e che quindi non va più a votare.
Molti preferiscono emigrare, giustamente, senza perdere tempo appresso al Messia di turno.
Il tutto condito da deputati picchiatori ed altri esaltati che fanno segni fascisti in Parlamento.
Gente che spera nella fine della Repubblica parlamentare in favore di quella presidenziale.
Faccio presente altresì, che “autonomia differenziata” significa un Paese frantumato, in cui sarà sempre più avvantaggiato chi già lo è, a discapito di chi vive in aree dove il Lavoro è poco, la Sanità un miraggio e la Scuola un miracolo.
E a destra, per evitare che se ne parli, arrivano persino a scatenare i picchiatori.
L’unico modo per ribaltare la situazione, anche qui lo ripeto, è cambiare la legge elettorale e riequilibrare l’informazione con norme che evitino conflitti d’interesse e influenze politiche, e trovare gente nuova, giovane, che riesca a coinvolgere gli astensionisti, che sono, ripetiamo anche qui, metà degli aventi diritto al voto.
Come avete visto, non è una questione di programma. Perché chi non vorrebbe il salario minimo o il reddito di cittadinanza? Chi non vorrebbe una Sanità pubblica efficiente? Chi non vorrebbe difendere l’ambiente e far pagare ai ricchi il dovuto?
I cittadini onesti sicuramente vorrebbero tutto questo. Serve una chiave.
Quando qualcuno la troverà, visto che non si può dire niente perché si è saccenti, irriverenti, folli e arrivisti, fatemi un fischio.
Baci.
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Salvatore Granata