Lettera al Papa da un omosessuale: “Cristo accoglie, non esclude”

Di Ferdinando Tripodi


Io non ho mai scritto a un Papa e non so nemmeno se posso darti del tu, poi ho pensato che, quando mi rivolgo in ginocchio davanti la Croce, non ho problemi a dare del tu a Gesù stesso e che quindi, non debbo aver paura dare del tu anche al suo vicario.

Ti premetto che non sono un esperto di teologia o un professionista della pastorale.

Sono uno di quei tanti omosessuali che, quando la sera fanno l’esame di coscienza, si accorgono di aver dimenticato troppo spesso che il sorriso di Dio li ha accompagnati per tutta la giornata,senza abbandonarli mai.

E quel Dio, lo stesso che preghiamo entrambi, silenziosamente mi ricorda che è morto anche per me, nonostante la mia “diversità”, il mio essere unico, colorato, normale.

Ecco perché mi piacerebbe, un giorno, poter raccontare anche a te tutto quello che, in questi anni, ho confidato a Lui nei tantissimi momenti di intimità.

Perché è proprio di una parola di speranza che anche gli omosessuali hanno bisogno, una parola che ricordi che Cristo è morto per tutti e non solo per alcuni.

È quello che Gesù ha fatto quando ha incontrato la samaritana: sapendo che la diffidenza della donna le avrebbe impedito di avvicinarlo non esita ad attaccare discorso e, pian piano, la aiuta a riconoscere e ad ammettere la verità.

Ecco, caro Papa, mi piacerebbe tanto che anche tu riuscissi, come ha fatto Gesù presso il pozzo di Giacobbe, ad aprire le braccia e le porte della Chiesa ed accogliere Tutte le Anime.
Cristo accoglie, non esclude. Nessuno.

“Non giudicare se non vuoi essere giudicato”.

Sappi che pregherò tanto per te.