L’Israele che cerca di salvarsi l’anima dall’ombra nera di Netanyahu

DI ENNIO REMONDINO

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Questione di sfiducia. L’esercito, esausto, ridimensiona i piani di Netanyahu. Dirompenti le dichiarazioni del portavoce dell’Idf Daniel Hagari: «Chiunque pensi che possiamo eliminare Hamas sbaglia», dando del bugiardo al premier. Ma Netanyahu insiste: «Per Gaza governo civile con i paesi arabi senza i palestinesi», di fatto un’occupazione militare. «In pratica si tratta più di una guerra eterna che di una vittoria assoluta», ha scritto Amos Harel sul quotidiano Haaretz.
E un reportage sconvolgente da Gaza di ‘+972 Magazine’ sui bambini che muoiono di fame.

Netanyahu e suo governo alla destra di tutto

La frattura tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu con l’apparato militare dello Stato ebraico sulla conduzione della guerra, ora arriva a toccare il senso stesso del conflitto portato avanti da questo governo a Gaza. «Hamas è un’idea, Hamas è un partito. È radicato nel cuore della gente: chiunque pensi che possiamo eliminare Hamas sbaglia». Osservazione di stretta logica politica dalla parte militare al politico che vuole forzare la realtà militare verso obiettivi impossibili. Il portavoce dell’IDF afferma che Hamas non può essere distrutto, mentre il primo ministro continua nell’inganno dell’impossibile: «Questo è l’obiettivo della guerra».

Il contrammiraglio e il premier

Il portavoce dell’IDF, il contrammiraglio Daniel Hagari, mercoledì ha definito irraggiungibile l’obiettivo bellico di Israele di sradicare il gruppo terroristico Hamas, a sottolineare le tensioni tra il primo ministro Benjamin Netanyahu e gli alti funzionari della difesa sulla sua gestione della guerra a Gaza, sottolinea l’HuffPost. E si ripete in occasione successive, dando al premier, indirettamente del bugiardo. «Questa faccenda di distruggere Hamas, di far sparire Hamas, è semplicemente gettare sabbia negli occhi del pubblico», ha detto Hagari in un’intervista a Channel 13 News.

“Hamas è un’idea, un partito”

«Hamas è un’idea, Hamas è un partito. È radicato nel cuore della gente: chiunque pensi che possiamo eliminare Hamas sbaglia, ha continuato. E peggio: «Se il governo non trova un’alternativa, [Hamas] rimarrà nella Striscia di Gaza». Quello che più politicamente sosteneva Gantz prima di dimettersi dal governo di guerra d’emergenza. E quello che in altri modi sostiene lo stesso ministro della difesa Yoav Gallant, che ha esortato Netanyahu a portare avanti i piani per il governo postbellico di Gaza, avvertendo che l’incapacità di trovare un sostituto per Hamas minerà i risultati militari di Israele, ed escludere l’idea di un governo militare e civile israeliano a Gaza dopo la fine della guerra.

Stato maggiore e spie Shin Bet

Rapporti televisivi, si legge dalla stampa israeliana, hanno riferito che anche il capo di stato maggiore dell’IDF Herzi Halevi e il capo dello Shin Bet Ronen Bar hanno recentemente litigato con Netanyahu sulla pianificazione strategica, in coincidenza con le dimissioni del leader dell’Unità Nazionale Benny Gantz dal governo di guerra dopo che il premier si è rifiutato di presentare un piano postbellico. Ci sono stati altri recenti segnali di attrito tra l’esercito e Netanyahu, comprese le ‘pause tattiche’ nei combattimenti lungo una strada nel sud di Gaza che Netanyahu ha criticato, mentre l’IDF ha affermato che la mossa (molto precaria e limitata) serviva a ridurre le tensioni con la popolazione.

“Neta prussian0” e il figlio imboscato

Nella polemica ormai aperta con le forze armate, Netanyahu aveva usato una vecchia battuta prussiana poco in sintonia con la storia ebraica: «uno stato con un esercito, non un esercito con uno stato». E un cessate il fuoco permanente, significherebbe un’ammissione del fallimento degli obiettivi della guerra, l’abbandono dei partiti di estrema destra e il crollo del governo. Obiettivo di Netanyahu è superare la sessione estiva della Knesset senza elezioni anticipate e sperare che Trump vinca le presidenziali Usa tra cinque mesi. Intanto il figlio maggiore, Yair, che nel piano della guerra ‘era impegnato negli Stati Uniti’, negli ultimi giorni si è scagliato ripetutamente contro i vertici dell’esercito, sul massacro del 7 ottobre. (https://www.remocontro.it/2017/09/11/la-strana-famiglia-netanyahu-col-figlio-quasi-nazi/)

Sterminio con fame e carestia

«Bambini che muoiono di fame, genitori impotenti mentre la carestia consuma il nord di Gaza», titola  l’israeliano ‘+972 Magazine’. «Con gli aiuti bloccati e i negozi vuoti di beni di prima necessità, decine di bambini palestinesi sono stati ricoverati in ospedale per malnutrizione e anemia acuta», scrive Ibrahim Mohammad. Storie da brivido. Saeed Darwish, 10 mesi, prova a piangere, non è più in grado di emettere alcun suono. 30 i bambini dell’ospedale Kamal Adwan morti di malnutrizione e disidratazione negli ultimi mesi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, «una parte significativa dell’intera popolazione di Gaza sta vivendo “una fame catastrofica e condizioni simili alla carestia».

Campi profughi solo bombe

Nel campo profughi di Jabalia, i mercati sono praticamente vuoti di cibo e altri beni di prima necessità. «Mangiamo un pasto al giorno. A volte rinunciamo al pane per conservarlo per i prossimi giorni». Verdure introvabili o a peso d’oro. Un chilo di cipolle costa 350 shekel (oltre 90 dollari), e uno di peperoni 560 shekel (150 dollari). I prodotti in scatola vengono venduti a quasi 20 volte il loro costo originale, un prezzo impossibile per la maggior parte della popolazione. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza –sarà pure gestito da Hamas ma finora ha fornito dati certi-, attualmente circa 3.500 bambini rischiano di morire di fame.

Tempi calamitosi in Israele-Palestina

«Lo spargimento di sangue ha raggiunto livelli estremi di brutalità e minaccia di travolgere l’intera regione. I coloni in Cisgiordania, sostenuti dall’esercito, stanno cogliendo l’opportunità per intensificare i loro attacchi contro i palestinesi. Il governo più di estrema destra nella storia di Israele sta intensificando la sua politica di controllo del dissenso, usando la copertura della guerra per mettere a tacere i cittadini palestinesi e gli ebrei di sinistra che si oppongono alle sue politiche», conclude ‘+972 Magazine’. Fin che dura.

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Articolo di Ennio Remondino, dalla redazione di

22 Giugno 2024