Israele, tre passi verso l’autodistruzione

DI CLAUDIO KHALED SER

 

Il primo passo verso il suicidio, gli israeliani lo hanno fatto.
80 mila ebrei sono stati “sfollati” dal nord israeliano verso zone più interne dato che la battaglia con gli Hezbollah é ormai alle porte.
il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir in un delirante messaggio al suo governo è arrivato a chiedere la distruzione totale del gruppo libanese.
Richiesta accolta dal despota di Tel Aviv che ha deciso di concludere in fretta il massacro di Gaza per concentrare le truppe al confine col Libano.
Il secondo passo sarà probabilmente il posizionamento di batterie missilistiche e dei soldati, a ridosso della famosa Linea Blu, difesa dalle truppe Onu tra cui circa 1.100 soldati italiani.
Questa fantomatica Linea doveva essere difesa dai caschi blu per evitare scontri tra ebrei e Hezbollah.
Il ministro Crosetto ha già allertato l’Onu per un ritiro immediato delle truppe dalla zona di guerra.
Ci si domanda cosa son restati a fare per 18 anni se al momento d’intervenire scappano.
Il terzo passo del suicidio sarebbe l’attacco israeliano contro i villaggi situati al confine libanese.
E’ quello che aspettano le milizie Hezbollah.
Vi ricordo che le milizie possono contare su circa 100 mila soldati e qualcosa come 150/180 mila missili di vario tipo (3000 al giorno per un mese) che annienterebbero tutte le difese israeliane.
Va ricordato inoltre che posseggono migliaia di droni e missili anti-carro (Atgm) in grado di infliggere notevoli perdite all’esercito israeliano, oltre ad aver accesso a estese linee di rifornimento e assistenza militare garantite dal cosiddetto “Asse della Resistenza” composto dalle milizie sciite siriane, irachene, dagli Houthi e dall’Iran.
Tre passi quindi per arrivare alla distruzione di uno stato fantoccio colpevole da sempre di crimini contro l’Umanità.
Molti si chiedono come reagiranno gli americani.
L’innesco di una guerra regionale in Medio Oriente potrebbe diventare nel giro di breve tempo lo scenario peggiore per le forze americane, costrette a ingaggiare multipli scontri in Iraq, in Yemen, in Siria e nello stretto di Hormuz, con pesantissimi effetti economici sui flussi commerciali e sul rapporto con gli alleati regionali, a partire dai Paesi del Golfo.
Gli Stati Uniti sono in piena campagna elettorale presidenziale, con una popolazione fortemente ostile nei confronti di nuove spedizioni militari estere, specialmente dopo le disastrose campagne mediorientali degli ultimi due decenni che hanno consumato enormi risorse economiche e umane.
La “sovra-estensione imperiale” degli Stati Uniti in Ucraina, Medio Oriente, Africa e la tensione nello stretto di Taiwan limita ormai le azioni globali di Washington che certamente non vuole oggi uno scontro diretto con l’Iran.
A parole si dicono pronti a sostenere il suicidio israeliano ma poi saranno i fatti a confermarlo.
.
Claudio Khaled Ser