E dicono che in Italia non si può fare imprenditoria…

DI LEONARDO CECCHI

LEONARDO CECCHI

 

Ieri leggevo un articolo che parlava, tra gli altri, di Brunello Cucinelli.
In sostanza, paga tutte le tasse in Italia, dà ai suoi dipendenti fino al 40% in più del contratto nazionale, bonus cultura, ristorante anziché mensa aziendale.
A seguire: dà lavoro a non so quante piccole aziende in mezza Italia, c’è codice etico granitico per gestire i fornitori, così tutta la filiera, inclusi i subappalti, è controllatissima e italiana (non per una questione di sovranismo, ma perché eviti di finanziare lavoro minorile andando nel Terzo Mondo, ad esempio).
In tutto questo, fa profitti e trova comunque il modo di donare milioni alle comunità locali e alla ricerca sulle malattie rare.
Ora, leggendo tutto questo mi sono tornate in mente quelle cantilene dei medi e anche grandissimi (più di Cucinelli) imprenditori che dicono che in Italia non si può fare impresa, motivo per il quale piangono (e come piangono!) e ci dicono no salario minimo, no settimana lavorativa di quattro giorni, no bonus, no contratti stabili. Però sì al precariato, sì alle delocalizzazioni, sì alla sede fiscale a Bora Bora e sì a sussidi, ristori, cassa integrazione e ogni euro su cui possono mettere le mani. Perché sarebbe l’unica via.
Mi chiedo allora: come fa Cucinelli? A prescindere dalle redditività del settore, intendo. Proprio a stare a galla e anzi crescere condividendo una quota dei suoi profitti, decidendo di reinvestirli socialmente.
E dico lui per dirne altri mille, piccoli e grandi, di ogni settore, che scelgono di fare impresa condividendo un po’ di più con il prossimo.
Hanno trovato giacimenti di opale e segretamente lo estraggono per pagare di più i dipendenti? Oppure sarà che i nostri capitalisti sono capitalisti all’italiana, ancorati al crumiraggio, all’idea che si debba spostare il rischio d’impresa su lavoratori e Stato, alla furberia dei trucchi per pagare meno tasse e alla spregevolezza del menefreghismo verso il prossimo?
Sarà mica che i grandi piagnistei di una quota non indifferente del nostro settore imprenditoriale sono lacrime di coccodrillo? A Napoli si usa un modo di dire più pesantino: lo lascio alla vostra immaginazione.
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Leonardo Cecchi