Addio a Giancarlo Guardabassi “padre” della comunicazione musicale moderna

DI MARINO BARTOLETTI

 

E’ morto ieri Giancarlo Guardabassi, poliedrico e amato personaggio (non solo ) radiofonico: autore, cantante e conduttore! Vero padre della patria di una comunicazione musicale che senza di lui non sarebbe stata la stessa. Ho aspettato un giorno per verificare se stampa, tv e soprattutto colleghi gli avessero conferito gli onori che meritava. A parte rare eccezioni ho purtroppo dovuto prendere atto di un po’ di spilorceria. Per questo, con dolore e riconoscenza, ripubblico il post di sei anni fa quando lo andai a trovare per portagli l’omaggio di un ex adolescente che gli era molto grato per ciò che aveva ricevuto da lui. Ovviamente toccai con mano – e ne fui felice – tutta la sua solida e antica nobiltà
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Voglio proporvi un gioco della memoria. Per fare omaggio a un “cincinnato in attività” che ha contribuito a fare la storia della nostra musica e della nostra radio
Ieri, a Francavilla d’Ete, paese di mille anime a un passo dai Monti Sibillini (dove ho presentato, sinceramente fra molte emozioni, il mio “Bar Toletti” ), mi sono regalato una piccola mezz’ora di gioia e di ricordi, andando a trovare Giancarlo Guardabassi, da 42 anni fondatore e uomo-tutto di Radio Aut Marche, pietra miliare dell’emittenza italiana.
Ha 81 anni il conte Guardabassi, che a Perugia , prima di trasferirsi definitivamente nel suo piccolo borgo adorato, abitava nel palazzo Guardabassi di via Guardabassi. Con la bellissima “Se ti senti sola” nel 1964 sfiorò la vittoria al Cantagiro nel girone dei giovani (l’anno in cui fra i big trionfò Gianni Morandi con “In ginocchio da te” e fra le Nuove Proposte esordirono – così per dire – Lucio Dalla, Nicola Di Bari, Dino e Fausto Leali) e di lì a poco diventò, perfezionando lo start up di Arbore e Boncompagni, l’inventore della nuova generazione dei disc jockey italiani. Conquistando poi una fama tale che nel 1976 Vittorio Salvetti lo chiamò a condurre il Festival di Sanremo.
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Lo so che mi rivolgo a una generazione datata: ma dopo anni di “Mattiniere” in cui l’Italia prese l’abitudine di svegliarsi con lui dalla frequenze di Radio Rai, i suoi “Dischi caldi” furono il secondo stadio di un razzo vettore che avrebbe dato al racconto musicale italiano una svolta epocale (Gerry Scotti, come molti della sua generazione, ha sempre riconosciuto in lui il vero maestro e il grande precursore)
L’ho ritrovato nell’antica modernità di uno stile rimasto intatto. Sta in onda dieci ore al giorno. Gli studi non sono esattamente quelli di Radio DJ o di RTL: ma non c’è un solo granello di polvere nel suo entusiasmo da adolescente coi capelli bianchi.
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Marino Bartoletti