DI MARINO BARTOLETTI
Pogacar ha vinto strameritamente il Tour de France. Il terzo, per ora, della sua già straordinaria carriera.
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Lo ha dominato dall’inizio alla fine su ogni terreno, rendendo sterili le polemiche sulla sua “avidità” (“The winner takes it all” dicevano gli Abba: lo sport non è fatto di concessioni, che a volte sono peggiori di una sana dimostrazione di forza). Lo ha dominato esattamente come ha fatto col Giro, rinverdendo a 26 anni di distanza l’accoppiata di Marco Pantani (messa a segno poche settimane prima che Tadej nascesse).
I primati sono fatti per essere superati (o rinnovati) e mai come in questo caso sono finiti in buone mani facendo entrare lo sloveno in un club esclusivissimo (Coppi, Anquetil, Merckx, Roche, Hinault, Indurain e appunto Pantani).
C’è una riflessione però che – anche alla luce dei tanti articoli usciti in questi giorni – si fa prepotente e triste allo stesso tempo. Nessuno è mai riuscito a compiere questa impresa per due anni consecutivi. Solo Marco l’aveva a portata di pedale nel 1999. Ma ormai è abbastanza evidente che gli fu impedito.
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Marino Bartoletti