DI GIANCARLO SELMI
Le reazioni non tarderanno. E saranno le solite cantilene: la dittatura della magistratura, l’uso della magistratura per scopi politici e altre amenità dello stesso tipo. Perché nessuno di loro è colpevole, neppure quando colto con le mani nella marmellata. Al limite la colpa è della marmellata.
Tiziano Renzi e la moglie, genitori dello “statista” italo-saudita, sono stati riconosciuti colpevoli del reato di false fatturazioni e condannati a tre anni di reclusione dal tribunale di Firenze. Una sentenza obbligata vista la mole delle prove. Ovviamente, per il figlio e per quattro quinti della classe politica che lo fiancheggia, sono innocenti, a prescindere.
Invece del presunto uso politico della Magistratura, qualcuno dovrebbe cominciare a dibattere seriamente sull’uso della politica per poter delinquere e restare “innocenti”. A prescindere. Perché la normale convivenza in nessun tipo di società o consesso umano, può sopravvivere a leggi ingiuste che trattino i cittadini in maniera diversa. Dove la giustizia non è uguale per tutti. Dove, dinanzi alla legge, ci siano cittadini di categorie diverse, condannati o neanche indagati in base alla categoria di appartenenza.
Molti di quelli che vorrebbero leggi ancora più liberali per i colletti bianchi, fino alla totale abolizione del codice penale per gli stessi, si definiscono sinceri democratici e, molti di loro, riformisti. Tutti loro sparlano dei regimi autocratici e dell’assenza di democrazia in quei paesi, dimenticando che la “giustizia giusta” sia un pilastro delle vere democrazie, mentre le leggi da loro stessi approvate in Parlamento a tutela dei potenti, il bavaglio alla stampa e le cose di cui si sta alacremente occupando Nordio, sono proprie delle peggiori dittature.
Ma, forse, ci siamo già.
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Giancarlo Selmi