Grillo e la via di Damasco…

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

Ieri ho fatto una sintesi ma credo sia necessario un piccolo sfogo e dire qualche parola in più sullo scambio di missive fra Grillo e Conte. Intanto va sottolineata la protervia e la smisurata autostima di questo (ex, attuale, futuro?) comico. Uno che predicava e ha predicato una milionata di cose e ha avuto la capacità (difficilmente ripetibile) di gettarle tutte nel cesso.
La lettera è una ulteriore dimostrazione di una virata degna di una ennesima folgorazione sulla celeberrima via di Damasco. L’apoteosi di quel dirigismo e di quella “aristocrazia” dei gruppi dirigenti alla quale, tempo prima, lui stesso dedicava sonori vaffa…
Veramente poco sopportabile. A tutto ciò va aggiunta una circostanza non secondaria: parla di scarso appeal del Movimento, tirandosi fuori da responsabilità. Come se lui non ci entrasse affatto, come fosse sempre stato nel suo “buen retiro” su Marte. Cancellando senza rimorsi ciò che ha determinato il crollo dei consensi. Cosa? L’entrata nel governo Draghi, agevolata da un quesito truffaldino posto agli iscritti dopo le sue dichiarazioni fuorvianti e false. Secondo le quali Draghi e Cingolani erano diventati “più grillini di Grillo”. Forse la migliore barzelletta che abbia detto nella sua carriera di comico.
Il compiaciuto silenzio durante la guerra dell’arrivista Di Maio a Giuseppe Conte, tramutati (silenzio e guerra) in appoggio incondizionato a uno dei peggiori, più neoliberisti e più reazionari governi del dopoguerra. Quello del “dragone”. Appoggio e sostegno che Conte non avrebbe mai dato. Appoggio e sostegno vera causa dell’emorragia di consenso. Si permette di parlarne e di offrire soluzioni. Dovrebbe stare zitto (finalmente) e chiedere scusa.
Va fatta una riflessione, infine, su un’ultima cosa: parlare di distribuzione della ricchezza, della insostenibile esplosione delle differenze sociali, di penultimi diventati ultimi e di ultimi destinati alla morte sociale; di macelleria sociale senza precedenti, per il “genio” genovese, è vago e non porta voti, mentre non sarebbe vago e porterebbe al successo elettorale, parlare di “transizione digitale”. E, in questo caso, non si capisce se parla in qualità di comico o di uno che si autodefinisce “elevato” e si attribuisce visioni. A me sembra l’evoluzione di quello che crede di essere Napoleone ospite fisso nelle barzellette sui manicomi.
Ma non ritiene, il garante, di chiarire che cacchio garantisce oltre il suo conto corrente? Non ritiene, inoltre, che sia giunto il tempo di levare il disturbo e rompere le gonadi di qualche malcapitato altrove?
Infine: la risposta di Conte dovrebbe diventare il capitolo titolato “come dare lezioni a un molestatore, con eleganza e con cazzimma”, di un libro sulla pazienza.
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Giancarlo Selmi