Stragi. Le parole che il professor Orsina non dovrebbe dimenticare

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Loris Mazzetti, dalla redazione di ARTICOLO VENTUNO –

Nonostante le quindici sentenze che hanno condannato definitivamente i neofascisti Mambro, Fioravanti, Ciavardini come esecutori materiali della Strage di Bologna, a cui si sono aggiunti, con sentenza di secondo grado, i camerati Cavallini e Bellini, dimostrando che la loggia massonica P2 di Gelli, con Ortolani, D’Amato e Tedeschi sono i mandanti, gli organizzatori e i finanziatori della Strage più efferata che ha colpito l’Italia e la democrazia dal dopoguerra ad oggi, c’è chi strategicamente vuole mettere tutto in discussione: Le sentenze non sono verità divina. Giovanni Orsina, professore di Storia contemporanea alla Luiss, in un articolo sulla Stampa, dedicato alla polemica tra la presidente Giorgia Meloni e il presidente dell’Associazione dei Familiari delle Vittime del 2 agosto 1980 Paolo Bolognesi che ha accusato la premier di volere una riforma della magistratura simile a quella della P2, non tiene conto degli infiniti depistaggi dei servizi segreti, delle piste straniere inventate come quella palestinese poi archiviata, che negli anni hanno avuto come obiettivo la revisione del lavoro dei giudici e il boicottaggio dello straordinario contributo dato dall’Associazione per il raggiungimento di verità e giustizia, sottolineato dal presidente Sergio Mattarella in un messaggio inviato a Bologna in occasione del 44° anniversario. Il presidente della Repubblica è intervenuto anche in ricordo dei 50anni dalla strage dell’Italicus: “Nella catena sanguinosa della stagione stragista dell’estrema destra italiana, di cui la strage dell’Italicus è parte significativa, emerge la matrice neofascista, come sottolineato dalla sentenza della Corte di Cassazione e dalle conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2.”

Parole che il professor Orsina non dovrebbe dimenticare, invece con il suo scritto vuole darci una lezione “sull’esistenza dell’antifascismo radicale che impedisce di metabolizzare il passato”. Insiste Orsina: “Non si può chiedere alla presidente Meloni e al suo partito di recidere i residui fili emotivi che ancora li legano alle vicende del neofascismo.” Puntando l’indice su Bolognesi perché nel suo intervento durante la commemorazione delle vittime della Strage “non si è limitato a interpretare la storia, l’ha pure brandita come una clava per darla in testa a tutta la destra italiana degli ultimi 30anni: da Berlusconi alla Meloni.” Orsina, non ha come obiettivo la verità ma di compiacere chi governa – credo, altrimenti non comprendo le ragioni del suo scrivere -, senza porre l’attenzione ai depistaggi eseguiti da uomini appartenenti a segmenti dello Stato, manovrati dalla P2 di Gelli, dimenticando di sottolineare che tutto il governo, dalla Meloni in giù, ha giurato sulla Costituzione nata dalla lotta di Liberazione contro i nazisti e le camice nere di Salò, dove l’antifascismo rappresenta la pietra fondante. Non andrebbero mai dimenticate le parole di Calamandrei: “I ragazzi delle scuole imparano chi fu Muzio Scevola o Orazio Coclite, ma non sanno chi furono i fratelli Cervi.”

Lo scritto di Orsina intitolato: “L’antifascismo radicale è pericoloso”. Diventa lo scudo ideale della destra, è stato un prefetto assist per la strumentalizzazione politica del senatore di Fratelli d’Italia Mollicone che ha attaccato, per l’ennesima volta, il lavoro dei giudici mettendo in discussione prima le sentenze con la condanna all’ergastolo a Bellini, poi che “la responsabilità della P2 sulla Strage è solo un teorema della magistratura”, accusando anche lui Bolognesi di usare “l’Associazione come fosse un partito politico, per l’esattezza il Partito Democratico.”

Il duo Orsina-Mollicone, oltre a tentare di infangare, ha come scopo quello di giustificare il porsi della Meloni nei confronti dell’antifascismo: “finché c’è chi strumentalizza la strategia della tensione creata dalla destra è impossibile che recida i fili che ancora la legano alle vicende del neofascismo.”

Questi fili, la Meloni e i componenti del Governo non li avrebbero dovuti tagliare prima di giurare sulla Costituzione di fronte al presidente della Repubblica?  Per questo Giorgia Meloni non sarà mai la presidente degli italiani che credono nell’antifascismo e nella democrazia.

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Articolo di Loris Mazzetti, dalla redazione di

4 agosto 2024