In principio fu il “vaffa”…

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

In principio fu il “vaffa”.
La giusta contestazione a una classe politica che aveva prodotto caste, aristocrazia e privilegi. Si poteva articolare un progetto politico sul “vaffa”? Si fece. La visione di Casaleggio, che portò in politica i “gruppi di progetto” che i giapponesi usavano nella produzione, dove “uno vale uno” e lo strumento più utilizzato è il “brainstorming”, partorì i “meetup”. Cellule di aggregazione che diventarono il motore del Movimento 5 Stelle.
La visione dichiarata era quella della “democrazia diffusa e dal basso”. Una bella idea che doveva servire, principalmente, a “incollare” e creare entusiasmo. E lo fece senza mai diventare veramente “democrazia dal basso”. Ma il progetto politico? Può un “vaffa” diventare un progetto politico? Il vuoto fu colmato dalle stelle. Cinque come i punti cardinali del progetto politico. Un Movimento definito “liquido”, che però non tardò molto a solidificarsi. Retto da vassalli, valvassini e valvassori, veri e propri dogmi e regole fondamentali, per evitare che quella solidificazione non portasse a essere percepiti come gli altri.
Rigidità. Espulsioni a manetta. Una classe dirigente creata lì per lì. Vaffa imperante. Elezioni. Nel 2013 arrivò un 23% che avrebbe consentito in quel momento storico di incidere e di evitare il disastro del governi Letta, Renzi e Gentiloni, ma non fu utilizzato. Opposizione e grande entusiasmo. Temi condivisibili, alcuni veramente belli e giusti. Risultati tangibili? Nessuno. Voti in naftalina. Slogan qualunquisti come il né di destra né di sinistra, che agevolarono di fatto l’arruolamento di chiunque, inclusi fasci, leghisti conclamati e in pectore, teorici del complotto, di “non ce lo dicono”, forse qualche terrapiattista, di gente priva di formazione. Una vera e propria “pesca a strascico” che, unita all’assenza totale di selezione, di click senza controlli, di assenza di convinzioni e bandiere, portò in parlamento, con il successo nelle elezioni del 2018, centinaia di personaggi in cerca di autore.
Di tutto, di più. Il Movimento diventò la porta per il paradiso per chiunque. Nel momento che il vaffa, per forza di cose, si trasformò in partecipazione a governi ci fu il disastro. Un governo con la lega che portò grandi conquiste ma anche i “decreti sicurezza” voluti da Salvini. Una vera e propria vergogna. Il “capo” acclamato Di Maio definì le ONG “taxi del mare”. Vergognoso. Il 33% si ridusse al 18% in pochi mesi. Tanti elettori fondamentalmente di destra, tornarono a casa. Molti di quelli con formazione di sinistra non tornarono a votare. In parlamento approdarono a Forza di click strani, intere famiglie, vedasi quella di Cancelleri. Nessuno opinò. I territori gestiti come feudi personali da cacicchi di improbabile autorevolezza politica.
Nessuno parlò di valori, di DNA, di princìpi non negoziabili. Neppure quando 200 parlamentari lasciarono il Movimento per unirsi ad altri partiti. In gran parte di destra. Il Conte due fu il momento migliore. Nacque uno dei migliori governi italiani di sempre. Un governo attento alla equa distribuzione della ricchezza, che gestì magnificamente un’emergenza improvvisa e sconosciuta. In quel momento io mi iscrissi al Movimento. Convinto da Giuseppe Conte. Nacque la “misura delle parole”, si dichiarò l’orientamento progressista, peraltro evidente nei programmi. Si cominciò a parlare di formazione.
Proprio mentre un complotto di palazzo defenestrava Conte, si creava una corrente, non so quanto estranea alla stessa congiura, capeggiata da Di Maio. Lo scugnizzo era entrato a pieno titolo nella stanza dei bottoni, aveva consolidato amicizie importanti (Guerini primo fra tutti) e aveva dimenticato nel sottoscala origini, DNA, princìpi non negoziabili, parole d’ordine, dogmi e compagnia cantante, preferendo la cravatta col nodo grosso molto ministeriale. E Grillo? Grillo se ne stracafotteva.
Ma sorprendentemente, insieme allo scugnizzo faceva entrare, con tessera onoraria, Draghi e Cingolani nel Movimento, e il Movimento 5 Stelle in un governo con Brunetta, Carfagna e Gelmini, fra altre personalità destrorse e legate ai poteri forti. DNA, princìpi non negoziabili e dignità furono scaraventate nel cesso, insieme a qualche altra centinaia di migliaia di voti. Conte salvava il Movimento da un tracollo già scritto e tutti in coro, compreso Grillo, invece di ringraziare, si accingevano a fargli la guerra. Fra schiforma Cartabia approvata meno peggio per l’intervento di Conte, che si vergognava e lo dimostrava, cause legali contro lo stesso Conte e altre schifezze che per elencarle ci vorrebbe un libro.
Oggi ritorniamo a parlare di princìpi non negoziabili. Sempre contro Giuseppe Conte.
Il resto alla prossima puntata.
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Giancarlo Selmi