Medio Oriente: vince il “tanto peggio tanto meglio”

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Ripartono i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza, ma nessuno crede più ai colloqui al Cairo. Vince ancora Netanyahu con le sue condizioni, nonostante le pressioni/minacce di Biden, l’ira dei kibbutz e del Forum degli ostaggi. Omicidio mirato di Israele in Libano: colpito Khalil Al Maqdah, un leader di Fatah a Ein el Hilwe    

Haaretz, intesa sugli ostaggi impossibile

La notizia lanciata ieri, in anteprima, da Haaretz, il quotidiano liberal di Tel Aviv: “L’intesa sugli ostaggi, con questa situazione politica, non è semplicemente possibile, afferma il capo del Mossad, David Barnea”. È quanto il direttore del mitico Servizio segreto israeliano ha detto a Evan Zangauker, la madre di un ragazzo sequestrato da Hamas il 7 ottobre. La ‘confessione’, giunta come una mazzata sul governo di Netanyahu (e sulla Casa Bianca), è stata ovviamente smentita, per essere però ripresa e ribadita con più forza da Haaretz. Che l’ha anche arricchita di illuminanti particolari. Come la ‘Emergency call’ di Biden a Netanyahu. Telefonata minacciosa ma infruttuosa. Di fatto, l’ottimismo americano su un possibile accordo per un cessate il fuoco a Gaza era solo… campagna elettorale.

Troppe promesse senza garanzie

A rendere più plumbea l’atmosfera, già carica di pessimismo, ci hanno pensato poi gli egiziani. Un diplomatico che agisce da mediatore, ha fatto sapere “di essere molto scettico sulla riuscita dei negoziati”, aggiungendo che “gli Stati Uniti stanno offrendo promesse, non garanzie”. E anche Israele, come il suo alleato Usa, conclude il funzionario egiziano, “promette senza impegnarsi” (a ritirarsi da Gaza n.d.r.). In contemporanea, sono giunti altri segnali premonitori dagli “sherpa”, i funzionari diplomatici che stanno preparando il lavoro vero e proprio dei negoziatori. Si tratta di impressioni decisamente negative. Lo scrive “Politico”, citando la netta differenza di valutazione tra il Dipartimento di Stato e la comunità dell’Intelligence. Il sito web di informazione riferisce gli autorevoli punti di vista “di persone a conoscenza dei fatti”, le quali giudicano i colloqui “già sull’orlo del collasso”, prima ancora di cominciare. In particolare, si fa riferimento al preannunciato rifiuto di Hamas, mentre Israele avrebbe accettato la proposta elaborata dalla Casa Bianca.

Oltre Netanyahu le ambiguità americane

Tuttavia, Haaretz, pur ribadendo il prevedibile insuccesso del nuovo vertice di pace al Cairo, offre un’altra versione. Per il giornale liberal israeliano, a far colare a picco qualsiasi accordo sono, innanzitutto, le strategie politiche di Netanyahu e, a seguire, la palese ambiguità degli americani a fissare delle rigide clausole e a garantirle. In sostanza, sostiene l’israeliano Haaretz, se il cessate il fuoco non si raggiunge è perché qualcuno trae vantaggio ad allungare la guerra. E questo ‘qualcuno’ è Netanyahu. Ferma restando, ovviamente, in seconda battuta, anche la piena corresponsabilità di Hamas, che usa gli ostaggi come merce di scambio. Ma in questo momento, se è vero ciò che ha dichiarato il Ministro della Difesa, Yoav Gallant, quando ha detto che i principali obiettivi della guerra a Gaza sono stati raggiunti, allora sarebbe proprio il momento di trattare e chiudere.

La destra messianico nazionalista israeliana

Il problema, per Netanyahu, è che il suo premierato è ormai ostaggio di Ben-Gvir e Smotrich, cioè della destra più retriva, messianico-nazionalista. Risultato: non può arretrare di un millimetro su alcuni temi ritenuti “non negoziabili” dai suoi ingombranti alleati. Per gli analisti progressisti dello Stato ebraico, Netanyahu può anche avere detto a Blinken (in linea di principio) di essere d’accordo sulla bozza di piano, in inglese. Ma questo, secondo Haaretz, non significa niente. Perché possono sempre comparire delle clausole, più piccole, in ebraico, prima che il progetto d’accordo venga sottoposto al Consiglio dei ministri, per l’approvazione. I ‘si dice’ sono tanti e corrono. La stessa terminologia proposta dagli Usa è ambigua.

Furberie malvage

La Risoluzione 2735 votata dall’Onu il 10 giugno, che prevede tre fasi, ma poco definite. La fase 1, prevede che i palestinesi possano rioccupare tutta Gaza, tornando alle loro vecchie case. Anche se rase al suolo. Ma gli israeliani vogliono il controllo del corridoio Filadelfia (confine Gaza-Egitto) e quello del Netzarim, una strada militare speciale, che spacca in due la Striscia e permette di invaderla in qualsiasi momento e in poche ore.

“C’è poi il problema della “fascia artificiale di sicurezza”, una specie di ‘terra di nessuno’, che circonda tutta Gaza all’interno, e che Netanyahu ha fatto spianare coi bulldozer, perché non vi deve crescere più nemmeno l’erba. Per capirci, è la stessa filosofia che animava i costruttori del Muro di Berlino, che così gestivano gli spazi tra filo spinato e filo spinato. Le teste no. Quelle non sono mai riusciti a gestirle e non ci riusciranno neppure a Gaza.”

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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

22 Agosto 2024