Chiesta “destitution” di Macron per premier negata alla sinistra

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Dalla redazione di REMOCONTRO –

Il termine più noto è quello in inglese: ‘impeachment’. Nella sostanza cacciare legalmente un capo di Stato per qualche grave violazione di legge. Per il Nuovo Fronte Popolare, l’alleanza di sinistra che è stata la più votata in Francia alle ultime elezioni legislative di luglio è discriminata dal presidente che violando una tradizione costituzionale consolidata, si rifiuta di nominare premier il candidato/candidata del partito vincente: attuale direttrice finanziaria del Comune di Parigi e non affiliata ad alcun partito.  

Macron ostinatamente anti sinistra

Dunque il Nuovo Fronte Popolare (NFP), l’alleanza di sinistra è stata la più votata in Francia alle ultime elezioni legislative di luglio, e come da tradizione costituzionale consolidata ha indicato il candidato premier, ma Macron si rifiuta di dare l’incarico a Lucie Castets. E il 18 agosto, con un testo pubblicato su La Tribune Dimanche, il leader Jean-Luc Mélenchon e altri esponenti di ‘La France Insoumise’ hanno minacciato di avviare una procedura di impeachment contro il presidente Emmanuel Macron per il suo rifiuto di nominare una prima ministra di sinistra. Atto politico simbolico e di scarso portata pratica, per i voti che mancherebbero e per4 divisioni interne alla stessa coalizione. Resta lo schiaffo all’inquilino dell’Eliseo, che non porge mai l’altra guancia.

Macron e il potere come vizio

Alle elezioni legislative del 7 luglio nessuno dei tre grandi blocchi politici era riuscito a ottenere la maggioranza all’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento francese. Il Nuovo Fronte Popolare, composto oltre che da La France Insoumise anche da Partito Socialista, Verdi e Partito Comunista, era però arrivato primo, facendo eleggere 182 deputati, seguito dalla coalizione centrista di Macron (168 deputati) e dall’estrema destra del Rassemblement National di Le Pen e alleati (143 deputati e i grandi sconfitti). In virtù di questo risultato l’alleanza ha sempre sostenuto di avere il diritto di esprimere il primo ministro, come da consuetudine. Formalmente però a nominarlo è il presidente, che -sostiene l’Eliseo-, non ha l’obbligo formale di scegliere la candidata o il candidato del gruppo che ha più seggi all’Assemblea Nazionale.

La credibile Lucie Castets

Dopo settimane di negoziati interni, i partiti del Nuovo Fronte Popolare avevano concordato il nome di Lucie Castets, attuale direttrice finanziaria del Comune di Parigi e non affiliata ad alcun partito, anche se in passato aveva fatto parte del Partito Socialista. Castets ha 37 anni, è poco conosciuta ma negli ultimi dieci anni ha svolto diversi ruoli governativi di alto livello. La sua candidatura era sembrata al Nuovo Fronte Popolare un buon compromesso, ma non ha affatto convinto Macron. In un comunicato, venerdì scorso il presidente ha ripetuto di essere consapevole che «i francesi hanno espresso la volontà di un cambiamento» rispetto al governo centrista uscente. Allo stesso tempo, hanno scritto diversi giornali francesi ‘debitamente ‘ispirati’, affidare l’incarico a Castets significherebbe per Macron favorire la creazione di un governo troppo debole, che nel giro di poco tempo rischierebbe di essere sfiduciato, e si tornerebbe punto e a capo.

Il Nuovo Fronte Popolare insiste

Il Nuovo Fronte Popolare non ha al momento una proposta di riserva e ha comunque deciso di presentarsi alle consultazioni ufficiali cominciate venerdì con Castets. Secondo La France Insoumise, quella di Macron sarebbe solo una scusa per evitare di nominare una prima ministra di sinistra e sceglierne uno della sua fazione politica che potrebbe essere appoggiato dalla parte più moderata della coalizione di sinistra, escludendo proprio ‘La France Insoumise’. ‘Segreto’ svelato dallo stesso Macron che in una poccvasioone pubblica aveva esortato i partiti a trovare un accordo di maggioranza che escludesse ‘La France Insoumise’ di Jean-Luc Mélenchon: condizione che è stata finora considerata irricevibile per le altre forze politiche dell’alleanza. E la complessa architettura costituzionale francese traballa.

L’impeachement in francese

In questo contesto si inserisce la proposta di La France Insoumise’ di impeachment, che in francese si chiama destitution. È una procedura prevista dall’articolo 68 della Costituzione, che consente al parlamento francese di destituire il presidente per «inadempienze manifestamente incompatibili con l’esercizio del suo mandato». Nessun presidente della Quinta Repubblica francese, iniziata nel 1958, è stato destituito attraverso questo meccanismo, che ha bisogno di un consenso molto ampio. La procedura è piuttosto complessa. Istituire un’Alta Corte che giudichi l’operato del presidente, e la richiesta per formarla deve essere presentata da almeno un decimo dei 577 deputati: La France Insoumise avrebbe i numeri, ma la proposta deve poi essere approvata dall’ufficio della presidenza dell’Assemblea Nazionale e dalla Commissione giuridica, e infine votata dai 2/3 sia dell’Assemblea che del Senato. Con i deputati centristi di Macron e molti deputati di destra che non voterebbero mai a favore.

Proposta provocazione, e spaccatura politica

“Con queste bassissime possibilità di riuscita, la proposta di ‘La France Insoumise’ ha rivoluzionato il dibattito politico. Il leader del Partito Socialista Olivier Faure ha invitato a sostenere una mozione di sfiducia di un eventuale primo ministro nominato da Macron che non venga dal loro schieramento. Per il leader dei Verdi Marine Tondelier, rischio che la «polifonia di sinistra non diventi una cacofonia» e lo stesso ha fatto il Partito Comunista. Anche il team di Castets ha preso le distanze, dicendo a Politico che si trattava di «un’iniziativa di LFI, non di Lucie».”

 

Articolo della redazione di 

23 Agosto 2024