Proxy

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Una strana parola presa in prestito dall’informatica che in italiano potrebbe essere tradotta con “intermediario”, la differenza è che chi si avvale del proxy lo fa per non essere identificato formalmente evitando così di dover dare spiegazioni sulle proprie azioni.
Il proxy più famoso di questi tempi grami è certamente Zelensky per conto degli Stati Uniti ma se ne possono trovare ovunque, e quando non abbiamo certezze su chi tira i fili della marionetta abbiamo preso l’abitudine di tirare in ballo i non meglio identificati “poteri forti”.
Poteri forti tra i quali in Italia primeggia di gran lunga la famiglia Berlusconi con capitali pressoché illimitati, con la sua invincibile armata di mezzi d’informazione e con un partito politico non di prima grandezza ma che si ritrova senza meriti a fare da ago della bilancia tra un futuro illiberale e antieuropeo e la melassa centrista. Quella stessa melassa che negli ultimi cinquant’anni ha consentito a un pianista stonato di scendere dalle navi per costruire l’impero che ha lasciato in eredità ai propri rampolli dorati.
Si tratta solo di una supposizione ottimistica, di quelle che gli inglesi chiamano “wishful thinking”, ma non ci troverei nulla di strano se i suddetti rampolli avessero deciso di interrompere la catastrofe politica, economica e sociale verso cui Meloni e Salvini ci stanno portando a passo di carica.
Se così fosse Marina e Piersilvio avrebbero scelto non solo il proxy perfetto personificato dal devoto e malleabile Tajani che loro stessi hanno messo a capo di Forza Italia. Avrebbero centrato anche il caso politico perfetto, quello “ius scholae” che appare ragionevole a tutti tranne che ai fasciorazzisti con cui forse non intendono più condividere il potere.
Incrociamo le dita.
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Mario Piazza