I danni irrecuperabili di Beppe Grillo

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

Nello scenario avvilente del Paese in panne detrattori del Movimento 5 Stelle si chiedono se il presidente Conte possa essere mai alleato affidabile del Pd o degno leader “progressista”.
Di fatto “progressismo” è termine abusato e inflazionato, indica un idea vaga e passibile di interpretazioni disparate: Renzi si dichiara progressista, Schlein pure, Conte idem, per non parlare di conservatori progressisti posizionati a Dx. Insomma progressismo, politicamente parlando, è un “must” ma non si vede come conciliarlo nel XXI° secolo col capitalismo o nemesi del progresso sociale.
Che c’entri tutto ciò con Beppe Grillo è presto detto: in un pezzo sul Riformista, che non manco di leggere perché dà la cifra del giornalismo medio e non meno mediocre, un tale di cui il nome non importa scrive di aver seguito con “disinteresse” le “Baruffe Chiozzotte” del Movimento e aggiunge che, nella sua “Storia dell’Italia repubblicana” lo storico Silvio Lanaro definisce il qualunquismo come “supremazia dei ghiribizzi del gusto sui sudori dell’intelletto, come libertà di pensiero disancorata da categorie culturali troppo impegnative ed esigenti, come indisciplina sociale screanzata e popolaresca, come assimilazione delle fandonie del passato alle frottole del presente, come nostalgia di un senso comune spazzato via dall’invadenza delle visioni del mondo”.
Questo signore aggiunge che il Movimento, Conte in testa, sia un manifesto di qualunquismo secondo la definizione di sopra e non si spiega l’abbaglio dei vari Bersani, Schlein, Speranza, Zingaretti, per un Movimento di idee sempliciotte e un personaggio che esordì nella Repubblica col curriculum taroccato poi definito da Grillo “Senza visione politica e capacità di innovazione”
Tanto per cominciare la premessa del pezzo fa pena: seguire con disinteresse un fatto ma esprimersi comunque è proprio del qualunquista /semplicista che l’autore indica in Giuseppe Conte. Inoltre l’autore è miope come una talpa, in 14 anni il Movimento è cambiato radicalmente passando dalla macroscopica postura arrogante alla compostezza ragionata.
Ma più di tutto va detto che fin dagli esordi il Movimento consisteva precisamente in una visione, sfortunatamente cavalcata da tanti somari opportunisti, oltre un Paese sfinito dalla classe dirigente troppo spesso viziata, classista, bugiarda incontinente o corrotta irredimibile come quella dei maneggi e intrallazzi berlusconiani, oppure ignava, indifferente, snob come quella democratica piddina.
Il Movimento non era disancorato da categorie culturali esigenti, la verità è prosaica: il Movimento ripudiava e ripudia ancora oggi le categorie egoriferite e postulanti che hanno regalato al mondo un paese di vecchi senza speranze poiché i giovani scappano.
Alla base del recalcitrante rifiuto di spettacolari ignoranti, poco propensi al cambiamento, che si fanno belli con citazioni altrui, sussiste e persiste l’idea che un paese democratico debba presentarsi degnamente trasudante di disuguaglianze sociali che il Movimento ha provato a combattere. Forse possiamo dire inutilmente perché cotanta classe dirigente descritta sopra ha fatto il diavolo a quattro per riportare l’Italia a guerre imperanti, sanità e scuole fatiscenti, ponti inesistenti, alla corruzione, a garantire impunità o vitalizi a criminali condannati. Perciò la tesi di questo signore sul Movimento conferma che oggi il Paese stagna nel pregiudizio, che la sindrome del Marchese del Grillo è trasversale ma soprattutto che il signor Garante dal potere papalino è imperdonabile: quando fulminato da Draghi offrì al pubblico la sua demenziale definizione di Conte, regalò ad avversari e cittadini la ragione migliore per non votare il Movimento di cui oggi lamenta lo scarso consenso.
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Gioacchino Musumeci