L’agenda Draghi ce l’aveva la Meloni…

DI GIANCARLO SELMI

Giancarlo Selmi

 

Il rifiuto di alleanza operato nel 2022 da Letta, esteso anche alla possibilità di semplici patti di desistenza nei collegi uninominali, che avrebbero impedito la “presa di tutto” da parte di Meloni e accoliti, non fu un suicidio politico o un errore, come molti si ostinano a ripetere, non lo fu affatto. Fu invece un atto cosciente, predeterminato, molto probabilmente eterodiretto, che mirava solo alla esclusione del Movimento 5 Stelle da qualunque possibilità.
Letta insieme a tutto il PD preferì, volle, fortissimamente volle, l’affermazione della destra-destra contando sulla sicura prosecuzione dell’opera di Draghi. Sia sul campo della distribuzione della ricchezza, del progressivo impoverimento dello stato con la vendita dei gioielli che ancora fanno parte del “tesoro nazionale” e, soprattutto, con il posizionamento totalmente subalterno agli USA sulle guerre. La fantomatica “agenda draghi”, insomma, ce l’aveva Meloni.
E lui volle perdere. La stessa cosa sta accadendo adesso con attori diversi. La “sinistra” folgorazione di Renzi (che sta a sinistra tanto quanto io risieda a Buckingham Palace) è un’operazione tattica, interamente ostile a Conte e con intento divisivo. Gli ammiccamenti a lui riservati dalla segretaria del PD rivelano quanto quest’ultima sia organica a quel progetto.
L’intento è quello di mettere Conte in un “cul de sac” e fargli perdere consenso.
Del fare perdere Meloni interessa a nessuno. Il segno della continuità, per gli oscuri ambienti del PD che fanno riferimento a non ben definite aree moderate o centriste, con Meloni è garantito. Lo sarebbe molto meno con un agguerrito Giuseppe Conte in una ipotetica squadra di governo. Ecco perché la pregiudiziale anti renziana va mantenuta fino in fondo. E poi lasciar parlare i fiancheggiatori, ormai scoperti giornali renziani, di un Conte divisivo. Chi se ne frega. Chi ha cervello per capire, capirà.
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Giancarlo Selmi