Mosca si prende il Donbass e Kiev un pezzettino di Kursk che non serve a nulla

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Nel tritacarne ucraino vince chi è più cinico e calcolatore. L’offensiva nella regione russa di Kursk, ordinata da Zelensky (e pensata come ‘diversivo’ dagli americani) è stata un successo tattico, ma potrebbe rivelarsi un boomerang dal punto di vista strategico. Troppi uomini e risorse sono stati gettati in un nuovo fronte simbolico ma militarmente di scarso valore. Tutto questo mentre Putin, nel Donbass, anziché distogliere truppe per pararsi il colpo (come pensavano a Washington) ha raddoppiato i suoi sforzi per l’assalto all’importante snodo di Pokrovsk.

La conquista russa reale contro la trappola Kursk

E ora laggiù la situazione per l’esercito di Kiev è pressoché disperata. Tutto questo, mentre i russi proseguono il devastante lancio di missili contro edifici e infrastrutture in tutta l’Ucraina, come nel caso ieri di Poltava (oltre 40 morti). Certo, l’’invasione di una porzione di territorio russo, ancorché limitata, è stato un vero schiaffo in faccia a Putin e un ricostituente psicologico per il depresso esercito di Kiev. Gli ucraini hanno anche voluto mandare un messaggio diretto agli alleati occidentali: nonostante le avverse vicende e la sproporzione di forze, non c’è nessuna voglia di abbassare la guardia. Il mantra è sempre lo stesso. Si continua a combattere, per riguadagnare posizioni e territorio. E solo dopo questa eventuale (e impossibile) vittoria sul campo, si potrà cominciare a parlare di trattative di pace.

Washington Post rivela

L’analisi fatta ieri dagli esperti del Washington Post, però, racconta un’altra storia, che i ‘napoleoni’ del Pentagono e degli altri Stati maggiori occidentali non dicono apertamente. E cioè, che la situazione militare per l’Ucraina è peggiorata. A una vittoria ‘tattica’, come abbiamo detto, sta corrispondendo una rovinosa sconfitta “strategica”. In pratica, le forze di èlite di Zelensky si sono installate in territorio russo, conquistandone circa 500 miglia quadrate in pochi giorni. Hanno catturato diversi prigionieri e controllano la zona. Che però ha solo un valore simbolico. In sostanza, hanno preso il controllo di un’area che non sposta di una virgola gli equilibri in campo. Perché l’hanno fatto? È stata una “pensata” del Capo di stato maggiore, Oleksandr Syrsky, su suggerimento (diciamo così) dei generali del Pentagono.

Oleksandr Syrsky, il “Macellaio”

Syrsky, nome di battaglia “il Macellaio”, (affibbiatogli a Bakhmut dei suoi stessi uomini, per le sue tattiche suicide, eredità dell’era sovietica), ha preso il posto del leggendario Valery Zaluzhny, licenziato senza troppi complimenti da Zelensky per divergenze sulla conduzione della guerra. Però, dopo la fiammata di entusiasmo per il blitz del proprio esercito nella regione russa di Kursk, gli ucraini sono tornati con i piedi per terra. In quella che il Washington Post definisce “una rara conferenza stampa”, Zelensky e Syrsky hanno ammesso che la situazione nel Donbass sta precipitando. “Vogliono  tutto il Donbass”, ha ribadito Zelensky, mentre il suo generale ha aggiunto che “i russi hanno spostato 30 mila soldati per rispondere a Kursk, ma nessuno è arrivato dal Donbass”. “Negli ultimi giorni – scrive il WP – folle di civili ucraini terrorizzati sono fuggiti da Pokrovsk e dai villaggi circostanti mentre le forze russe avanzavano, e le truppe ora si preparano per potenziali battaglie di strada in strada”.

Bruciare risorse per ‘mostrare bandiera’

La scelta di bruciare risorse, per “mostrare la bandiera” in Russia, fatta da qualche generale di mezza tacca del Pentagono e imposta allo Stato maggiore ucraino, potrebbe rivelarsi autolesionistica. Lo sostiene anche quella che viene considerata come una sorta di Bibbia del pensiero militare, la società di Intelligence e di difesa “Janes”. Ma le dotte esternazioni a tavolino non bastano. Il Washington Post ha fatto di più, spedendo i suoi giornalisti direttamente a ridosso delle prime linee, nei pressi di Donetsk, per raccogliere dalla viva voce dei soldati ucraini drammatiche testimonianze di guerra vissuta. “Qui non ce la caviamo benissimo”, ha risposto un soldato della 68ª brigata ucraina, al cronista che gli chiedeva un pensiero sull’attacco in Russia. “La sua brigata aveva appena perso 6 miglia in una settimana – scrive il Post – e durante l’intervista, altri soldati che ascoltavano urlarono ai giornalisti che gli Stati Uniti avrebbero dovuto fornire loro più veicoli, per salvarli dai continui attacchi di artiglieria.

Più Donbass con l’attacco a Kursk

«La lotta per Povrovsk si è solo intensificata da quando l’Ucraina ha invaso Kursk. Hanno cambiato le loro priorità, per concentrarsi qui, da tutta la linea del fronte». L’epitaffio su tutta questa storia lo incide Nico Lange, ricercatore del Center for European Policy Analysis: “C’è un’asimmetria. Il territorio che è stato perso ora nel Donbass, verrà mantenuto dalla Russia. Ma l’Ucraina non può tenersi Kursk, e questo Putin lo sa”.

“Intanto, tre ministri di Zelensky si sono dimessi e saranno sostituiti oggi nell’ennesimo rimpasto di un governo sempre più inquieto. Hanno lasciato i responsabili di Giustizia, Ambiente e, soprattutto il titolare del dicastero degli Armamenti, Oleksandr Kamyshin. Un altro segno di nervosismo, mentre alla Casa Bianca non sanno più che pesci pigliare.”