DI PIERO ORTECA
Dalla redazione di REMOCONTRO –
Dimissioni di sei ministri, compreso Dmytro Kuleba agli esteri, e scoperte dieci deleghe ministeriali su 21 in tutto. Mercoledì il presidente Zelensky aveva detto che al paese servono «nuove energie», confermando un imminente rimpasto di governo. Zelensky non ha chiarito se alcuni di loro resteranno con un incarico diverso, ma sarà il più grande cambiamento della composizione del governo dall’inizio della guerra. Anche se in due anni e mezzo Zelensky aveva già cambiato cinque ministri.
I vertici del potere ucraino del caos
I vertici del potere ucraino nel caos più totale. Alla difficile situazione sui campi di battaglia, si sommano le spinose vicende di politica interna, quantomeno ‘complesse’, se non proprio contraddittorie. Per ieri, era stato annunciato un maxi-rimpasto di governo, voluto dal Presidente Zelensky, che diventa corto di cerimonie quando le cose si mettono male. E ha il “siluramento” facile. Invece colpo di scena: la “Rada”, il Parlamento, ha bocciato la decisione di licenziare Dmytro Kuleba, il Ministro degli Esteri. E scusate se è poco. La Ukrainska Pravda riferisce che Kuleba si era correttamente ‘dimesso’ (formula di comodo), ma che il suo partito (Servo del Popolo) non vedeva alcun motivo per questa drastica decisione. Per cui, la questione riguardante Kuleba ‘è stata rinviata con urgenza’. Sconfessando platealmente Zelensky, aggiungiamo noi.
“Rinvio d’urgenza” e protagonismi pericolosi
Kuleba, comunque, andrà via lo stesso, e sarà sostituito probabilmente dall’ex ambasciatore in Turchia, Andrii Sybiga. Il motivo? Gelosia politica. La Ukrainska Pravda scrive che “da tempo si avvertono tensioni e competizioni tra lui e la squadra diplomatica di Zelensky. La Presidenza ritiene che Kuleba svolga molto meno lavoro di quanto dovrebbe. Mentre invece viaggia per il mondo e appare troppo spesso nello spazio dei media”. Così Zelensky è intervenuto, anche perché combatte per difendere la sua di immagine, dopo il libro di memorie pubblicato dall’ex capo dell’esercito, il generale Valery Zaluzhny, un altro “epurato” per colpa dell’onnipotente Presidente ucraino. Su questo surreale momento della politica di Kiev, insiste la Ukrainska Pravda, fornendo altre notizie che lasciano a bocca aperta gli alleati occidentali. Il Ministro della Giustizia, Denis Malyuska, per esempio, è stato accolto al podio degli oratori da scroscianti applausi. Per poi essere successivamente licenziato. Le motivazioni? Potrebbero essere (forse) legate alla dilagante corruzione. Ma questo, in Ucraina, è un problema atavico.
Alleati stanchi e sempre meno convinti
Nel caso di Kuleba, invece, che aveva ben operato, forse la sua eccessiva “indipendenza diplomatica” non è piaciuta a qualcuno. Kuleba finora è stato un “hard liner”, ma ha recentemente visitato persino la Cina, pur di ottenere un’opera di mediazione per la guerra. Resta, comunque, arroccato su posizioni intransigenti, che potrebbero essere scomode per la Harris e, addirittura, malviste da Trump. Bocciate anche le “dimissioni” del vice Primo Ministro e responsabile della Reintegrazione dei territori attualmente occupati, Irina Vereshchuck. Sono invece state accolte quelle di Olga Stefanishina, da Ministro per l’Integrazione europea ed Euro-atlantica. Ma in questo caso si tratta di un “amoveatur ut promoveatur”, perché tra pochi giorni le sarà restituita la delega e, in più, riceverà anche quella della Giustizia. Chi invece dovrà lasciare il suo lavoro, senza appello, è il Ministro delle Industrie strategiche, Alexander Kamyshin. Qui parliamo di armi, munizioni e ‘facilities’ militari.
Armi fai da te ma serve chi paga
Zelensky ha già fiutato che gli alleati occidentali stanno rallentando le forniture. Qualcuno dice di avere finito le scorte; qualche altro raschia il fondo del barile; un terzo accampa preoccupazioni su un possibile allargamento incontrollato del conflitto. Insomma, a Kiev sono sempre più convinti che l’ancora di salvezza sia solo un’industria nazionale, capace di produrre ciò che serve. Per questo Zelensky vuole attuare, di corsa, una rivoluzione che “militarizzi” l’economia. Costa un botto, ma America ed Europa possono pagare. Sempre che i loro elettori non cambino idea. In fondo, i prestiti contratti dall’Ucraina, state certi, non potranno mai essere restituiti in modo ‘integrale’. È di ieri la notizia che sono stati “ristrutturati” ben 9 miliardi di dollari di debito pubblico. Che saranno magicamente cancellati dal bilancio. Non è chiaro chi siano i creditori che finanzieranno questa macro-operazione basata sullo scambio di Eurobond. I soldi risparmiati (o condonati) saranno così disponibili per la prosecuzione “sine die” della guerra.
Casa Bianca e Russia, logoramento di chi?
Come auspicato dalla Casa Bianca, che fin dall’inizio ha puntato tutta la sua strategia su un lungo conflitto di logoramento per la Russia. Intanto a Kiev è arrivata la ‘trojka’ del Fondo Monetario Internazionale, per discutere della possibilità di accordare un prestito di 1,1 miliardi di dollari all’Ucraina. Quando però si tratta di soldi “veri” e non di cannoni o missili da esportare “chiavi in mano”, i governi occidentali vogliono garanzie. Innanzitutto, i “professori” dell’FMI pongono delle condizioni draconiane: l’aumento delle tasse studiato da Zelensky non serve a niente. Occorre una mazzata ben più poderosa, per raccogliere risorse utili a rianimare un bilancio statale in agonia. Ma il Presidente ha paura. Sa bene che se passa una legge che aumenta la cosiddetta “tassa militare sul reddito personale” scoppia una mezza rivoluzione. Lo dice la Ukrainska Pravda, citando un report di “Bloomberg”. E poi la moneta nazionale, la grivna, deve essere immediatamente svalutata, sostiene il Fondo monetario. Allentando la politica monetaria in un contesto di inflazione controllata. Inoltre, dicono sempre gli esperti del Fondo, Kiev è obbligata ad aumentare l’Iva sui prodotti di largo consumo. Bisogna fare cassa, insomma, senza sperare che siano sempre le nazioni alleate a rompere i loro salvadanai.
Rimpasto di governo ucraino per elezioni Usa?
“Ma forse, alla fine di questa narrazione, che cerca di capire i perché dell’ennesimo cambiamento di strategia del sempre più volubile Zelensky, possono spiegare tutto le parole di apertura dell’articolo dedicatogli dal Wall Street Journal: “Il Presidente Zelensky sta dando una scossa al suo governo, con l’obiettivo di rafforzare le posizioni militari e politiche dell’Ucraina, in vista delle elezioni Presidenziali negli Stati Uniti”.
.
Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di
5 Settembre 2024