Macron contro il voto popolare a sinistra sceglie Le Pen

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

Macron disseppellisce il vecchio gollista Barnier e gli affida il governo, con l’appoggio di Le Pen. Nel “cordone sanitario” a costo di gravi forzature costituzionali che aveva vinto le elezioni. Schiaffo al voto dei francesi, che già domani sarà in piazza e non sarà una sfida facile per l’azzardista Macron.

Il vecchio e il nuovo un po’ rovesciati

Due mesi di attesa per un gran pasticcio

A due mesi esatti dalle elezioni legislative, Emmanuel Macron si è deciso a dare l’incarico per formare il nuovo governo francese. Ha scelto Michel Bernier, un esponente del partito “Les Republicaines”, ‘gollista’ per semplificare, considerato il prototipo del politico tecnico-conservatore “adattabile”. Una mossa che sta già sollevando un putiferio, perché i partiti che hanno vinto le elezioni, si sono sentiti colpevolmente scavalcati. In particolare, il blocco di sinistra, con in testa “France Insoumise” di Jean-Luc Mèlenchon, spara a zero sull’Eliseo, accusando il Presidente di avere praticamente stracciato la carta costituzionale. La norma fondamentale del diritto transalpino, infatti, prevede che l’incarico di formare un nuovo governo, sia pure con un mandato esplorativo, venga affidato per primo all’esponente di un partito che ha vinto le elezioni. E, in questo caso, i numeri parlano chiaro: Macron ha fatto il contrario, dopo aver liquidato Georges Attal ha virato sul rappresentante di un gruppo che non arriva a 50 deputati.

Ennesima piroetta del presidente verso fine mandato

In sostanza, però, l’ennesima piroetta politica presidenziale ha una sua logica: vuole offrire alla destra di Marine Le Pen un premier “digeribile”. Uno che, sotto sotto, potrebbe anche non essere osteggiato dal Raggruppamento Nazionale. E le prime dichiarazioni di Bardella, braccio destro della Le Pen, confortano questa interpretazione. Michel Barnier è stato un buon commissario europeo e ha riscosso significativi consensi in qualità di responsabile delle trattative sulla Brexit. Secondo Benjamin Morel, un esperto politologo dell’Università di Parigi, Barnier può essere considerato alla stregua di un Mario Monti francese. Il motivo per cui è stato scelto, però, oltre a rispondere a quello di una figura di compromesso, è un altro, ben più urgente: la legge di bilancio.

Francia “grande malata” ora anche politica

Se la Francia è la “grande malata” d’Europa, i motivi vanno cercati anche nell’allegra gestione delle sue risorse finanziarie pubbliche. Da questo punto di vista, gli enti locali sono praticamente allo scasso e le previsioni del deficit su Pil appaiono funeste. Si spera con uno sforzo (e senza sforbiciare troppo i servizi sociali) di riportare la ratio dal 5,5% al 5,1%. Non è granché, ma per il 2025 sarebbe già un segnale incoraggiante. Ma in un Paese massacrato dalle rivalità parlamentari, chi si prende la briga di stilare una legge finanziaria tutta lacrime e sangue? Ecco, allora, la pensata del “tecnico” che aggiusta il guasto e che può essere tollerato da diversi partiti, specie da quelli di centro-destra. Perché, per chi ancora non l’avesse capito, Barnier in fondo è un uomo di destra. E nella Francia sbrindellata, di questa traumatica estate post-elettorale, può avere un ruolo importante nel “coprire” le magagne che si aprono sul versante dei rapporti col Raggruppamento Nazionale. Certo, adesso bisognerà vedere la composizione del nuovo governo e valutare pesi e contrappesi.

Un rischio mal calcolato?

Ma sicuramente una strategia di questo tipo espone Macron a un rischio non molto calcolato. Un governo con un premier di destra (ancorché mascherata) e una legge finanziaria in itinere che si preannuncia “dolorosa”, sembrano essere le premesse giuste per scatenare una reazione sociale vigorosa. Una reazione che vedrebbe, si badi bene, schierati nella stessa trincea tutte le forze di sinistra e le confederazioni sindacali. Dall’altro lato, Barnier ha tempo fino al primo ottobre per far quadrare i conti della Finanziaria e, soprattutto, per sottoporli ad un’Assemblea nazionale sul piede di guerra. Sfruttando le pieghe della Costituzione, potrebbe ancora allungare il brodo di 15 giorni, ma non di più. Alla fine, la Finanziaria sarà una sentenza definitiva sul suo governo. Un’operazione che, sinceramente, assomiglia sempre di più a un espediente per mettere una pezza e rimandare i problemi.

Macron per sopravvivere a se stesso

Macron vuole a tutti i costi sopravvivere politicamente fino alle prossime elezioni presidenziali, per giocarsi in quella sede tutte le sue carte. Ed è pronto a farlo mettendo anche a rischio gli equilibri sociali della Francia. Intanto, le prime dichiarazioni programmatiche, espresse da Bernier e riportate da Le Monde, testimoniano l’anima “tecnica” del nuovo esecutivo. Il nuovo premier ha pochissimo tempo e ha detto che si vorrà concentrare sulle pressanti emergenze del Paese, dall’accesso ai servizi pubblici, ai problemi della sicurezza, al fenomeno dei flussi migratori. E, naturalmente, ‘veleno in coda’, il problema dei problemi: il riequilibrio delle finanze pubbliche. Come? Con più tasse e meno spese? Questo ancora non si sa. Prima bisognerà vedere se riuscirà nell’impresa di comporre un governo e, soprattutto, successivamente, di farselo approvare dall’Assemblea nazionale.

Da subito la protesta popolare

“Per ora, l’unica cosa certa sono le proteste popolari. Da subito una “quasi” generale, alla quale non ha ancora aderito tutta la sinistra e nemmeno il potente sindacato CGT che vuole essere protagonista. Ma è solo un antipasto. La Francia avrà tutto il tempo di ribollire nelle prossime settimane.”

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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di 

6 Settembre 2024