I campi di sterminio in Libia

DI CLAUDIO KHLED SER

 

Poche battute, una nota in terza pagina, tre minuti nei Tg.
Finisce così la vita di 21 Persone annegate davanti a Lampedusa.
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Potrebbe essere un'immagine raffigurante 3 persone, persone che nuotano e sottomarino
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Non erano ricche, non erano in barca a vela, non c’era nemmeno una bottiglia di champagne a bordo.
La morte dei “miserabili” non sconvolge, non indigna, ma annoia.
Meglio occuparsi dei pruriti ormonali di un ometto qualsiasi.
Oltre 15.000 Persone sono state costrette, nel corso dell’anno, a rientrare in Libia, catturate dai gendarmi di Tripoli sotto lo sguardo vitreo delle navi occidentali messe dai governi a pattugliare il Mediterraneo.
Non sono state salvate, sono state imprigionate.
Portate con la forza nei centri-lager disseminati in po’ dovunque in Libia.
Sono 11 quelli ufficiali, altrettanti quelli messi in piedi da delinquenti che godono dell’impunità, in totale disprezzo di qualsiasi regola umanitaria. e sovvenzionati dai “paesi belli”.
Rinchiusi sotto i tetti di lamiera, circondati da filo spinato, controllati da criminali da sempre impuniti che decidono della loro vita, dei loro corpi, del loro destino.
Donne e bambini/e usati per soddisfare le voglie dei carcerieri, violentati, stuprati ogni qual volta i criminali decidono di soddisfare i loro istinti animali. Uomini picchiati, umiliati, uccisi se solo osano guardare negli occhi una guardia.
Era meglio morire annegati.
L’esercito di Haftar, nelle sue ultime scorribande in terra libica, ha distrutto un lager per neutralizzare l’avamposto militare dell’esercito tripolino. Sono morti tutti, guardie e prigionieri. Sono stati assassinati senza nessuna pietà.
La Mezzaluna Rossa non ha potuto nemmeno raccogliere i corpi. Sono stati lasciati li, a consumarsi sotto il sole.
Noi, ad Haftar, stringiamo la mano.
Noi, ad Haftar, non facciamo domande,
Noi, ad Haftar e a quelli di Tripoli, non chiediamo che fine hanno fatto o faranno, quei 15.000.
E’ più interessante il “pelo pompeiano”.
Quando questa estate torrida volgerà al termine, ritornerò in Libia.
Lo devo a me stesso, lo devo a loro.
Non mi importa nulla se per via dell’età e della salute “fragile” farò fatica.
Devo andare.
Voglio sapere se UNO, almeno UNO di quei 15.000 si può ancora salvare, trascinare fuori dall’orrore di un campo e restituirgli la vita.
Tarek verrà con me dice che “vuole proteggermi” ma non sono io ad aver bisogno di protezione, sono quelle Persone, quei 15.000 abbandonati e dimenticati, destinati a morire per la nostra vigliaccheria.
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Claudio Khaled Ser