Niger – Italia, è vero amore?

DI CLAUDIO KHALED SER

 

Siamo rimasti solo noi.
Ieri, l’ultimo contingente straniero presente in Niger, quello tedesco, ha fatto le valige e ha lasciato il Paese.
I militari al potere, grazie ad un colpo di stato, erano stati chiari :
“Via tutti, meno gli italiani”.
I primi a scappare sono stati gli americani che in fretta e furia hanno abbandonato la Air Base 201 ad Agadez, pochi giorni dopo i francesi scortati addirittura fino all’aeroporto dai golpisti .
Giorno dopo giorno tutti i soldati dei vari eserciti stranieri sono stati fatti accomodare fuori dalla porta, ma non gli oltre 300 militari italiani che devono comunque restare confinati nell’area a loro assegnata.
Le continue visite di cortesia del governo italiano con relativi salamelecchi ai nuovi padroni del Niger, hanno dato i loro frutti.
Un paio di mesi fa, in una riunione passata sotto silenzio, il governo italiano ha deliberato il nuovo finanziamento per la missione MISIN (Niger).
Ma già l’11 aprile il comandante del Comando operativo di vertice interforze (COVI), Francesco Paolo Figliuolo, in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato aveva spiegato che “prosegue l’impegno della Difesa nel Sahel, dove lo sforzo operativo è focalizzato principalmente sul Niger.”
Che tipo di sforzo? Non ci é dato di saperlo.
Secondo Figliuolo è di importanza primaria consolidare la presenza italiana con la missione MISIN e ha precisato:
“Complessivamente nel Sahel prevediamo di impiegare un contingente massimo di quasi 800 unità, un’unità navale e fino a 6 assetti tra aerei e elicotteri”.
Come dicevo, non ha spiegato, l’amabile comandante, che cosa restiamo a fare in Niger vista l’impossibilità di operare in qualsiasi modo senza il permesso dei militari al potere.
Permesso che é concesso solo ai Russi.
Infatti, le basi che una volta ospitavano americani e francesi, sono state occupate dai soldati di Putin che ha stretto col Niger svariati accordi commerciali e militari come quelli siglati con Mali e Burkina Faso.
Ripeto:
si, ma noi cosa c’entriamo?
Silenzio assoluto.
Quello che sappiamo é che tutto questo “ambaradan” (termine che significa casino, disordine e grande confusione) costa milioni di euro alle dissanguate casse dello Stato.
Ah già, sono nostre le tasche…
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Claudio Khaled Ser