Cercapersone bomba fanno strage in Libano prossimo obiettivo

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Dalla redazione di REMOCONTRO –

I cercapersone di centinaia di miliziani Hezbollah sono esplosi contemporaneamente in Libano e Siria, uccidendo undici persone e ferendone quasi tremila. I dispositivi sarebbero stati manomessi a distanza, sotto accusa i servizi segreti israeliani. Colpito anche l’ambasciatore iraniano a Beirut, riporta Haartez.Vigilia di attacco israeliano con lo spostamento obbligato dei profughi israeliani dalla zona di confine.

Colpo dell’Intelligence israeliana

Con una raffinata operazione di hackeraggio sono stati fatti esplodere, quasi contemporaneamente, migliaia di ‘cercapersone’ usati da funzionari e membri di Hezbollah. L’attacco telematico ha fatto 11 morti e quasi tremila feriti (di cui 200 in condizioni critiche), dal sud del Libano fino a Beirut, tra cui l’ambasciatore iraniano Mojtaba Amani, e ha lasciato letteralmente scioccata la leadership della milizia sciita. Il fatto che l’attacco, preparato da mesi sia stato condotto in questo momento, fa pensare che potrebbe essere preparatorio a una invasione israeliana del sud del Paese. In effetti, l’effetto pratico più negativo, per Hezbollah, è che in questo momento è saltata la sua prima linea di collegamento diretto.

Attacco al Libano

Tutto starebbe a indicare la volontà di Netanyahu di attaccare il Libano. Tante le tessere del mosaico che si stanno incastrando, in queste ore, a completare lo scenario di un probabile assalto contro Hezbollah. Prima e la meno reclamizzata: il Gabinetto di guerra israeliano – riferisce il Jerusalem Post – ha votato ieri notte una risoluzione che fissa, ‘nuovo obiettivo strategico’, “il rientro in sicurezza dei residenti evacuati dalle loro case nel nord del Paese”. In pratica, l’odissea dei quasi 70 mila rifugiati israeliani, costretti a fuggire dalla Galilea, rappresenta un “casus belli” messo sullo stesso piano di Gaza e della liberazione degli ostaggi. Mossa a parare le reazioni interne e internazionali, che si scateneranno dopo l’apertura di una guerra preventiva contro Hezbollah.

Rientro obbligato dei profughi

L’Ufficio del Primo ministro ha detto che tutto dovrà essere risolto prima che arrivino gli inviati Usa in Medio Oriente: Antony Blinken, Lloyd Audtin e Amos Hochstein. Parliamo di alcuni giorni. Ma i margini di manovra sono strettissimi, anche perché non sembra che dentro il governo israeliano ci sia unanimità di vedute. E qui esce fuori la vicenda del possibile “dimissionamento” del Ministro della Difesa, Yoav Gallant. Secondo fonti governative riprese dal quotidiano di Tel Aviv Haaretz, la possibile sostituzione del Ministro “è rimandata”. Nel senso che non ci sono i tempi tecnici, perché quello nuovo (Gideon Sa’ar) elabori suoi piani di guerra contro Hezbollah. Quindi, per ora resta Gallant, ma solo perché bisogna attaccare subito e l’attuale responsabile della Difesa ha già studiato più volte l’assalto al fronte nord.

Libano e “fronte americano”

L’impressione generale sulla vicenda è che possa essere legata, solo in apparenza, alla guerra in Libano. Nel senso che Gallant, che è vicino all’Amministrazione Biden, ora è contrario all’invasione. Utile ricordare che, in altri tempi, era stato proprio lui, Gallant, l’architetto di una guerra preventiva contro Hezbollah. E, anzi, all’indomani del 7 ottobre, pare che fosse lui tra i più convinti assertori della necessità di aprire subito il fronte nord. Cosa è cambiato? Forse gli schieramenti interni guardando al futuro di un prima o poi inevitabile ‘dopo Natanyhau’.  Chiamiamoli giochi politici di ‘lungo periodo’. Va detto inoltre che se gli impongono la guerra in Libano, Gallant la dovrà fare, anche se Biden la pensa diversamente.

Crisi politica e vertici militari

Probabilmente, l’eventuale siluramento di Gallant, potrà essere attuato con una visione strategica staccata dal campo di battaglia, guardando al ‘dopo’. Il possibile sostituto, Gideon Sa’ar, sarebbe infatti un’utile ‘stampella’ per il governo Netanyahu, perché il suo partito ‘Nuova Speranza’ lo rafforzerebbe di qualche seggio. Sa’ar e il Premier, secondo quanto scrive la stampa israeliana, si sarebbero già messi d’accordo sul rimpasto. Una delle “vittime”, di questo nuovo colpo di teatro del leader del Likud, sarebbe il capo di Stato maggiore delle forze armate, Herzl Halevi. Altra ipotesi quella di un ricambio, con Sa’ar agli Esteri e Yisrael Katz (titolare attuale, discusso ‘duro e puro’) alla Difesa.

Giochi politici sulla pelle di popoli e Paesi

Nel gioco degli scambi, pare che Sa’ar si sia ritagliato ampi margini di autonomia sulla riforma giudiziaria. Una di quelle patate bollenti che dovrà essere maneggiata con cura a guerra finita. In questo momento, la icointeressenzai Netanyahu-Sa’ar sembra invece quella di risolvere tutti i conti sul campo, allungando lo scontro militare e rimandando la resa dei conti politica e, a quanto pare, si dovranno servire ancora di Gallant.

“Le ultime notizie parlano di una segretissima riunione del Gabinetto di sicurezza con i capi dell’Intelligence. Probabilmente si cercano conferme su una possibile ripetizione dei successi ottenuto lo scorso 25 agosto, quando tutti i razzi e i missili in partenza dal Libano furono distrutti a terra. Adesso la vera paura, per Netanyahu, è di subire un contrattacco missilistico sui civili. Degli ostaggi non si preoccupa più minimamente.”

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Articolo di Piero Orteca, dalla redazione di

18 Settembre 2024