DI NICOLA FRATOIANNI
Per battere la destra serve credibilità, unita e coerenza. Come si crede altrimenti di avere la fiducia di cittadine e cittadini?
Qui sotto la mia intervista di oggi a la Repubblica, buona lettura!
Nicola Fratoianni, co-azionista con Angelo Bonelli di AVS, fa una premessa: «Siamo di fronte a una guerra totale in Medioriente, ad un governo che col DDL sicurezza vuole mandare in galera chiunque protesti, ad una legge di bilancio che non dà risposte a chi fa i conti ogni giorno con salari bassi e prezzi alti: la nostra gente si aspetta una mobilitazione su questo. Altrimenti la discussione sulle alleanze risulta estranea alla società».
Ma ha capito cosa succede nel fronte progressista?
«Intanto eviterei di celebrare il funerale della coalizione a ogni divergenza, o, viceversa, un meraviglioso matrimonio dopo una birra insieme come alla festa di Avs. Differenze e tensioni le si affronta per quel che sono».
Ma è riuscito a parlare con Giuseppe Conte?
«Ci parlerò, posso solo ribadire ciò che ho detto assieme a Bonelli. Alle regionali abbiamo condiviso programmi e candidature e a questo ci atteniamo. Nella consapevolezza che una forza come la nostra, autonoma, è impegnata a costruire un’alternativa, provando a contribuire al cambiamento».
L’annuncio di Conte vi ha colto di sorpresa?
«È sempre consigliabile sorvegliare le parole, per me è un insegnamento frutto di un’antica scuola. Ma bisogna guardare alla sostanza: facciamo al meglio quelle campagne elettorali e per vincere in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria».
Ora alle regionali il M5S va solo?
«Mi auguro di no e che il quadro resti quello definito».
Il tema dirimente è Renzi. Il Pd non scioglie il nodo. Perché?
«Non lo so francamente. Dopo le europee abbiamo fatto più cose insieme di quante non ne avessimo fatte nei due anni precedenti: la piazza di Santi Apostoli battaglie contro autonomia premierato, la manifestazione a Genova… Da quando è cominciata questa discussione sono partite le fibrillazioni. La possibilità di sconfiggere la destra passa dalla credibilità, e dall’idea che una volta al governo non farai il contrario di quel che avevi promesso, ad esempio togliendo diritti a chi lavora o avendo politiche migratorie che scimmiottano la destra. Per dire: fino all’altro ieri una delle forze che hanno animato questa discussione astratta e politicista, cioè IV, governava con colui che oggi si candida alla guida della Liguria per la destra. Insomma, a tutto c’è un limite».
La mossa di Conte può essere utile a chiarire la questione una volta per tutte?
«Pone un tema serio. Mi auguro che si chiarisca a prescindere, è una discussione totalmente aliena per i nostri elettori. Chiudiamola il prima possibile».
Perché Renzi gode di credito ai piani alti del Pd?
«Non so nemmeno se sia così, a Schlein però do il merito di aver impresso una svolta al Pd e di lavorare tenacemente all’unità. Renzi invece fa la sua partita alla ricerca di una ricollocazione. Non penso che faccia bene al fronte progressista. Lo dico rispetto alla prospettiva nazionale e al netto delle scelte dei territori. Il tema non riguarda la presenza o meno di una componente moderata, o centrista, non si tratta di un pregiudizio ideologico, ma di una questione molto concreta: per motivare alla partecipazione un pezzo di società che neanche vota più è utile fare un altro tipo di lavoro, cioè investire sulla costruzione di un’altra idea di Paese. Salario, istruzione, diritto alla salute pubblica, pace e contrasto alla crisi climatica».
Nel ’22 vi ritrovaste in una situazione simile come AVS, cioè cercavate di fare da cerniera e alla fine doveste scegliere tra Pd e M5S. Rifarebbe la stessa scelta?
«Quella campagna elettorale fu un suicidio politico e oggi vorrei dire mai più. Gli elettori ci verrebbero a rincorrere. Il centrodestra si unì e vinse partendo da un contesto in cui due partiti stavano nel governo Draghi e uno all’opposizione. Ecco, serve “laicità” anche da noi».
Idee per ricucire ne ha?
«Lavorare assieme sulle questioni concrete. Oggi (ieri, ndr) in commissione Lavoro abbiamo firmato, AVS Pd e M5S, una proposta unitaria di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Questi sono i fatti».