DI MARIO PIAZZA
No, “cari” sostenitori di Hamas… la strage che ricorre oggi non è stata affatto “l’inizio della rivoluzione”.
Potevate dire che è stata una reazione terribile e disperata provocata da 77 anni di occupazione ingiusta e sanguinosa, non vi avrei giustificato ma vi avrei capito.
Potevate dire che soltanto così era possibile ottenere l’attenzione da un mondo che dei Palestinesi assassinati, delle case sventrate, delle migliaia di innocenti carcerati senza processo, delle terre rubate e del giogo israeliano su qualsiasi attività se ne fotte. Se ne fotte e avrebbe continuato a fottersene per l’eternità come se non si trattasse della vita di esseri umani ma della lavorazione delle sardine e, ferma restando la mia condanna per le atrocità di quella mattina, mi avreste spiegato il significato politico di tanto orrore.
Non c’è nulla di rivoluzionario nel dare il pretesto a Israele per massacrare il popolo palestinese. Le rivoluzioni si fanno quando esiste una possibilità concreta di rovesciare il tiranno, come in Russia contro lo Zar, in Persia contro lo Scià, a Cuba contro Batista.
E’ il Popolo che insorge e che coscientemente paga il prezzo della propria insurrezione e il mondo mussulmano, quello che unito avrebbe avuto qualche possibilità di vittoria, è spaccato non solo tra Sciiti e Sunniti ma anche tra gli integralisti di Teheran e i “liberal” di Ankara, tra i miliardari di Dubai e gli straccioni dello Yemen, tra i filoamericani sauditi e chi dagli USA è stato martirizzato come gli Afgani e gli Iracheni.
Un solo merito posso riconoscere ad Hamas, quello involontario di aver fatto cadere il velo di rispettabilità in cui lo stato ebraico era riuscito ad ammantarsi per perpetrare indisturbato le proprie nefandezze. Sì, ma a che prezzo?
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Mario Piazza