L’Iran è davvero così isolato come Israele e Usa ritengono?

DI PIERO ORTECA

REDAZIONE

 

Da REMOCONTRO –

“Umm-al-Qura”, ‘Madre di tutti gli insediamenti’, luoghi di fede e di cultura, valori alti e d’impegno, la dottrina iraniana della politica estera del Paese. La chiave per capire alcune mosse della teocrazia persiana, che gli occidentali definiscono, sempre e comunque, ‘aggressive’ (quelle ‘amiche’ mai aggressive). ‘Umm-al-Qura’, frutto di una riflessione di Mohammed Javad Larijani, fine anni ’80, che sposta le energie prima esclusivamente rivolte alla diffusione fideistica della rivoluzione islamica, ad un pragmatismo ragionato.

Nella testa degli “avversari”

Proponiamo questa analisi, perché in una minacciosa e contorta situazione di crisi come quella attuale, le chiavi per una possibile soluzione si trovano solo ‘entrando’ nella testa degli avversari. Se mai una delle controparti lo volesse. Così, aiutandoci con qualche nozione elementare di “Teoria dei giochi”, possiamo provare a capire il punto di vista degli ayatollah, giusto o completamente sbagliato che sia. L’asprezza e l’ostilità di una parte della società iraniana nei confronti dell’America (e di alcune potenze europee) parte da lontano.

I tre momenti di svolta

Ma noi richiamiamo solo tre ’momenti di svolta’: il colpo di Stato organizzato dalla Cia e dagli inglesi contro il primo ministro Mossadeq (democrazia? No petrolio); il lungo regno dello scià Reza Pahlavi (sempre sostenuto da Washington) crollato per la rivoluzione di Khomeini; e, infine, la sanguinosa guerra scatenata da Saddam Hussein contro Teheran. Otto anni di carneficine, un milione di morti, una scusa che più ridicola non si può (qualche decina di metri di confine riguardanti le acque dello Shatt-al-Arab) e la solita ‘manina’ degli americani, che evidentemente non si perdono una guerra. ‘Perdono’ nel senso di non farla, non quello di vincerle. In questo caso, aiutarono a profusione l’Irak e fecero in modo di tenere la mattanza aperta il più possibile, per neutralizzare le ambizioni degli ayatollah.

Risoluzione Onu e “svolta Larijani”

Dopo l’approvazione della risoluzione Onu 598, in vigore l’8 agosto 1988, l’Iran si accorse del suo isolamento sulla scena internazionale. Cercò quindi di ricucire, in primo luogo, con i suoi vicini islamici. La dottrina di Larijani puntava a una solidarietà mussulmana sovranazionale, indipendentemente da etnia, lingua e cultura. In sostanza, i superiori interessi dell’universo islamico dovevano procedere quelli delle singole nazioni. E se un Paese leader (l’Iran) fosse stato minacciato, gli altri avrebbero dovuto sostenerlo. Naturalmente, questo poteva funzionare sulla carta, perché poi nel chiuso delle Cancellerie ogni Stato sunnita-moderato non avrebbe fatto altro che applicare la sua politica estera “pragmatica”. E così è stato fino al 7 ottobre. Ma la guerra di Gaza ha cambiato alcune tessere del mosaico e a Gerusalemme e Washington non se ne sono ancora accorti.

Sunniti e sciiti divisioni di comodo

Adesso, la divisione (elementare) che si faceva prima tra sciiti “amici dell’Iran” e sunniti, moderati e alleati dell’Occidente, è stata fatta saltare dalla variabile impazzita: l’Israele di Netanyahu. Oggi, per tornare alla nostra premessa, la “Umm-al-Qura” vaticinata da Larijani, come dottrina che affida all’Iran il ruolo di Paese-leader nella lotta contro Israele, sembra quasi materializzarsi. Teheran e le sue espressioni politiche fuori dal Paese, gli Hezbollah e gli Houthi, sono gli unici che combattono, dicendo di farlo a nome dei palestinesi.

Schiaffo ai filo occidentali conniventi

Uno schiaffo per tutti quei regimi islamici, a cominciare dall’Arabia Saudita, che invece sono stati a un passo dal normalizzare i rapporti diplomatici con Tel Aviv.  E una sfida per un gigante come l’Egitto, patria del fondamentalismo dei Fratelli musulmani, sull’orlo di una catastrofe economica, dove gran parte della popolazione potrebbe scendere nelle strade a ribellarsi, fondendo la forza delle proteste sociali, allo sdegno per gli affronti politici subiti.

Gli amici silenti per opportunità

E simpatie gli ayatollah raccolgono, a piene mani, anche in giganti musulmani come il Pakistan o l’Indonesia. Per non parlare dell’Afghanistan, dove hanno aperto un canale privilegiato con i talebani. E che dire dei rapporti con la Turchia di Erdogan? In questo momento il ‘sultano’ rischia di vedere compromessa la sua ambita leadership dell’universo panislamista, che raccoglie proprio lo spirito della “Umma” di Larijani. Solo che al centro del progetto lui vorrebbe vedere la Turchia, al posto dell’Iran. Non in guerra, certo, ma considerata come il baluardo che difende etnie, culture e religioni, che molti in Occidente valutano di serie B. Senza però avere il coraggio di dirlo apertamente.

L’accorta diplomazia di eredità persiana

Nel frattempo, la diplomazia degli ayatollah si è messa in moto, offrendo bastone e carota ai suoi vicini, per cercare una ‘sponda’ convincente. Il Ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, si è recato in Qatar, per discutere della imminente rappresaglia israeliana. Lo stesso ha fatto in Arabia Saudita, dove si è incontrato con l’uomo forte del Regno, il principe non Salman. Risultato: tutto sommato buono. Ha chiesto ai suoi vicini del Golfo di intervenire su Biden, affinché faccia capire a Netanyahu che colpire raffinerie e siti nucleari potrebbe essere un boomerang devastante. Per tutti. Anche per i sauditi e gli altri sceicchi del petrolio. Perché gli iraniani non ci penserebbero due volte a far saltare per aria gli impianti petroliferi e gli oleodotti della regione. E forse pure peggio, dato che si potrebbe arrivare al blocco dello Stretto di Hormuz.

Basta spazio aereo arabo a Israele

Messaggio recepito. Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati hanno vietato a Israele l’uso del loro spazio aereo per colpire l’Iran. Bisognerà vedere cosa farà la Giordania, anche se sembra difficile che il re Abdullah si lasci intrappolare in questo ginepraio. In caso di ostilità aperte, semmai, rischia il Bahrein sede della 5ª flotta americana. Anche Egitto e Qatar si sono tirati indietro: in questo caso, non hanno appoggiato il piano israelo-americano per la definitiva liquidazione di Hezbollah.

Colpo grosso, l’incontro con Putin e l’amicizia di Mosca

“L’ultima freccia del proprio arco diplomatico, Teheran la scoccherà oggi in Turkmenistan, dove il Presidente Pezeshkian incontrerà nientemeno che Vladimir Putin. Molteplici i temi del colloquio, tra i quali c’è la definizione dei termini del Patto di difesa, tra l’Iran e la Russia. No, probabilmente risolvere il caso-Iran con la logica scelta da Netanyahu (e tollerata da Biden) non funzionerà mai.”

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Articolo di Piero Orteca dalla redazione di

11 Ottobre 2024