Bulli e bullizzati

DI MARIO PIAZZA

Mario Piazza

 

Oggi vi racconto una storia, una brutta storia.
Guardandomi ora è difficile da credere ma a 13 anni ero un piccoletto. Come si diceva nella periferia milanese dove sono cresciuto “piscinin e catif”, piccolo e cattivo nel senso che passando quasi tutto il mio tempo libero per strada avevo già imparato a difendermi. In realtà di nemici non ne avevo fino alla comparsa di Bertoletti, il più alto e stronzo della II D, scuola media statale Marco Polo.
Per ragioni che non ricordo diventai il suo bersaglio. Quel fetente non perdeva occasione per rompermi le scatole, per mesi mi ha insultato e preso in giro tra le mura scolastiche sovrastandomi di almeno un palmo e protendendo verso di me quella sua faccia da cazzo che senza parlare mi diceva “prova ad alzare un dito che ti gonfio come una zampogna”. E io per evitare guai reagivo solo verbalmente, però ero più spiritoso e salace di lui e Bertoletti questo non poteva proprio sopportarlo.
Per questo un giorno all’uscita dalla scuola trovò un pretesto per mettermi le mani addosso. Mi colpì al collo con l’incavo tra pollice e indice della sua manona lasciandomi seduto per terra a boccheggiare. Nessuno intervenne, non uno dei professori che se ne stavano tornando a casa e nessuno dei genitori che aspettavano i propri figli. Bertoletti si allontanò sghignazzando insieme ai suoi compari dandomi la certezza che quel momento orribile avrebbe potuto ripetersi ogni giorno.
L’idea di andare a frignare in presidenza o di coinvolgere mio padre con tutti i problemi che già aveva non mi sfiorò neppure. Occorreva una soluzione definitiva e io la trovai mettendomi in tasca un coltello a serramanico. Non sapevo bene che cosa ne avrei fatto ma quando il porco tentò di nuovo di aggredirmi, questa volta aspettandomi su una rampa nascosta alla vista dei passanti, prendere il coltello dalla tasca fu una reazione automatica.
Per fortuna bastò lo scatto secco della lama a far cag*re sotto quel vigliacco di Bertoletti che da quel giorno mi lasciò in pace, se fosse andata diversamente sarei diventato anch’io un articolo di giornale come quelli che leggiamo quasi tutti i giorni.
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Mario Piazza