DI GIANCARLO SELMI
Alla fine riusciranno a farci diventare simpatico perfino il re delle “supercazzole” con “scappellamento a destra”. L’attuale ministro della cultura che, rispetto ai suoi camerati, pare non venire direttamente dal 1200 e, addirittura, non essere omofobo. Il Ministero della Cultura, o come si chiamava prima dell’avvento dei fratelli, sorelle, cugini e amici d’Italia, che fino alla Meloni “presidento” non se lo filava nessuno, è diventato la cosa più importante del mondo. Tanto da scatenare lotte fratricide, regolamenti di conti, vere e proprie faide.
Il solito Mollicone (quello della fatwa contro Peppa Pig), Fazzolari, la sorella di Giuli (per non tradire l’atto costitutivo del partito, c’è pure una sorella di Giuli), la sorella della “presidento” (sempre in onore alle linee guida del partito), forse qualche cugino di qualcuno (di solito non mancano), tutti contro tutti, regolamentati da un girone all’italiana, come nel calcio, stanno dando vita a una guerra senza quartiere. Giuli ha dichiarato, con il suo consueto bizantinismo dialettico: “sul mio cadavere tante impronte digitali”. Tanto per sdrammatizzare. E stica*zi mai?
Tutto perché la lotta contro “l’egemonia culturale della sinistra” è un problema più grave delle pensioni che ormai non arrivano al 10 del mese. E così, in questo bailamme che punta all’egemonia culturale della destra, dobbiamo passare nel più breve tempo possibile da Francesco Rosi, De Gregori e De Andrè a Povia e Pino Insegno. Adorare il futurismo (solo la parte gradita al regime fascista, ovviamente) e Talkien. E usare quanto più possibile le paroline magiche. Quali? Ma è facile: “pederasta e infame”, per esempio.
Il fondo è sempre più vicino.
Tutti a scavare, please.
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Giancarlo Selmi