DA REDAZIONE
Davide Manlio Ruffolo dal giornale LA NOTIZIA –
L’Ucraina è a corto di soldati e ora Zelensky si gioca l’ultima carta: arruolare i cittadini espatriati all’estero.
Più che l’avanzata nel Donbass, che da qualche settimana ha ripreso vigore con un villaggio dopo l’altro che cade quotidianamente sotto la spinta delle truppe di Vladimir Putin e con le sempre più rare sortite offensive dell’esercito ucraino, a dimostrare come la situazione si stia facendo difficile per Volodymyr Zelensky e per l’Ucraina è il suo recente appello all’arruolamento degli ucraini residenti all’estero.
Di fronte a un fronte che appare vicino al collasso, non stupiscono le dichiarazioni del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, secondo cui la situazione è “abbastanza chiara ed evidente anche ai Paesi occidentali” e che ora perfino il governo di “Kiev sta cominciando a mostrare grande ansia” per l’andamento della guerra. Per comprendere quanto la situazione sia tragica, se non addirittura irrecuperabile, bisogna partire dalla mobilitazione indetta dal presidente ucraino, che coinvolgerà 160.000 ucraini nei prossimi tre mesi.
Una misura annunciata due giorni fa, che evidentemente non può bastare, visto che il leader di Kiev, in un’intervista con rappresentanti dei media europei, ha spiegato che l’Ucraina ha bisogno anche del sostegno dei cittadini emigrati all’estero dopo l’inizio delle ostilità nel 2022. Zelensky ha ammesso che il suo Paese non può costringere i connazionali a tornare, poiché molti di loro hanno “seri motivi” per non poter aiutare, ma ha comunque lanciato un appello: “Chiedo ai nostri ucraini che sono all’estero di venire e aiutare, lavorare nell’industria della difesa, supportare i nostri soldati, pagare le tasse, sostenere l’Ucraina. Abbiamo bisogno del loro sostegno”. Dichiarazioni che il Cremlino ha subito commentato, definendole una “mossa disperata” che dimostra “le crescenti e evidenti difficoltà sul campo di battaglia”.
L’Ucraina è a corto di soldati e ora Zelensky prova ad arruolare i cittadini espatriati
Proprio dal fronte arrivano notizie sempre più drammatiche. Infatti, proprio in queste ore è stato annunciato che alcune aree della città di Pokrovsk, nell’Ucraina orientale, saranno chiuse per i preparativi e le fortificazioni difensive in vista dell’offensiva russa. Come riporta il Kyiv Independent, a dichiararlo è Serhii Dobriak, capo dell’amministrazione militare di Pokrovsk, parlando dell’assedio delle forze armate russe a quello che rappresenta un importante centro logistico per l’esercito ucraino, da difendere con tutte le forze. Il problema è che l’esercito di Kiev è carente sia di uomini, con ricambi sempre più scarsi, sia di armi, che ormai giungono con il contagocce dagli alleati occidentali.
Mentre la mobilitazione potrebbe sopperire in parte alla mancanza di uomini, le difficoltà legate agli armamenti sembrano insormontabili. A suggerirlo è il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, convinto che gli Stati Uniti non forniranno all’Ucraina i missili Tomahawk, che, secondo il New York Times, Zelensky avrebbe chiesto a Washington in una clausola segreta del suo cosiddetto piano per la vittoria. “Penso che gli Stati Uniti comprendano molto bene con chi hanno a che fare e sono sicuro che, per garantire la propria sicurezza, non esporranno il Paese a rischi, e fermeranno Zelensky se cercherà di trascinare gli Stati Uniti in una guerra contro la Russia”.
Queste dichiarazioni non sembrano solo tattica: l’amministrazione Biden, finora, ha fornito con molta riluttanza pochi missili Atacms per via della loro lunga gittata, e sembra improbabile che il Pentagono possa approvare i Tomahawk, che hanno un raggio d’azione di quasi 2.500 chilometri, oltre sette volte quello degli Atacms.
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Dalla redazione del giornale
31 Ottobre 2024