Trump promette di far finire le guerre e l’Europa corre al riarmo

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Rem dalla redazione di REMOCONTRO –

Competizione strategica globale fino agli estremi della ‘conflittualità convenzionale’, delle guerre ad alto tasso di armamenti, di distruzioni e di morti, vedi Ucraina e Medio Oriente. E come anticipa Valerio Sale nell’articolo precedente, l’Europa calcola di dover spendere 500 miliardi in più nei prossimi 10 anni per la difesa. Per comprare cosa? La realtà della base industriale europea della difesa, il tentativo di CeSI, il ‘Centro Studi Internazionali’. Non è argomento che piace, ma non aiuta la pace il far finta di ignorarlo.

L’industria europea della difesa in numeri

L’industria europea della difesa (EU’s Defence Technological and Industrial Base) è fatta di oltre 2mila500 aziende, tra grandi compagnie multinazionali e una larga maggioranza (oltre 2.000) di ‘Piccole e Medie Imprese’. 193mila persone lavorano nella produzione di sistemi aerei, e oltre 320.000 nei sistemi terrestri e navali. Distribuzione delle aziende sbilanciata in favore dell’Europa Occidentale: in Francia (oltre 400 aziende), Germania (243) ed Italia (120). Aspetto politicamente più ‘vendibile’, questo apparato industriale genera più di 500mila posti di lavoro: 196.000 diretti e oltre 315.000 indiretti. 22mila lavoratori in più nel 2023. La tentazione di citare anche l’aumento delle vittime di guerra è forte, ma ci allontanerebbe dall’argomento spinoso ma essenziale. Analisi e calcoli di Emmanuele Panero e Andrea Russo, ci dicono inoltre che l’industria europea della difesa ha un fatturato di oltre 135 miliardi di euro, di cui 52 dall’export verso Paesi extraeuropei

Chi possiede cosa

Tra le cento aziende più importanti nel settore a livello globale, 17 sono realtà industriali dei Paesi dell’UE. Di queste, cinque sono francesi (Thales, Dassault, Safran, Naval Group e CEA), quattro tedesche (Rheinmetall, Diehl, ThyssenKrupp e Hensoldt), due spagnole (Navantia e Indra) e due italiane (Leonardo e Fincantieri). Oltre ad importanti singole realtà nazionali (Saab in Svezia e PGZ in Polonia). Considerando le prime 25 aziende all’apice della classifica globale, le realtà industriali europee presenti sono solo quattro: Airbus, Leonardo, Thales e Rheinmetall. Leonardo, per privilegiare le cose di casa: forza lavoro 53.566 dipendenti, +4,2% nel 2023, con un utile lordo di 1,289 miliardi.

I disequilibri europei

Una valutazione sulle capacità produttive degli stabilimenti sul territorio dei Paesi dell’Unione. Per i sistemi terrestri (carri armati e veicoli da combattimento o trasporto), 16 linee di produzione ed assemblaggio. Più consistente la rete per i sistemi aerei. Nove linee di assemblaggio finale per elicotteri. Situazione analoga per gli aerei da caccia e da trasporto tattico, di cui esistono otto linee di produzione in Germania, Italia, Spagna, Francia e Svezia, con circa cento caccia prodotti per anno. L’Italia, con lo stabilimento di Cameri (NO), fa assemblaggio finale dei caccia di quinta generazione F-35, con oltre 30 velivoli l’anno. Settore di eccellenza europeo è soprattutto la cantieristica navale: 23 poli produttivi lungo le coste di Francia, Germania, Italia, Spagna, Olanda, Grecia, Svezia e Polonia.

Le capacità industriali europee

Secondo i dati della European Defence Agency (EDA), il ‘procurement’ militare dei Paesi dell’Unione Europea raggiunge i 48,626 miliardi di euro anno, cifra in forte aumento dal 2022 facilmente motivabile. L’analisi dettagliata ci dice di risorse soprattutto verso la produzione domestica: armi per casa propria. Aspetto negativo insuperato, la proliferazione di differenti sistemi d’arma. Esemplare, i 16 programmi europei per ammodernare le flotte di MBT (sigla dell’inglese ‘main battle tank’), carri armati a ripianare le  cessioni a favore dell’Ucraina. E alcuni Paesi hanno ancora scelto fuori Europa: il carro statunitense Abrams ed il carro coreano Black Panther. Per l’artiglieria, peggio che mai, ognuno spara per conto suo.

Aerei da caccia, quasi solo americani

Per gli aerei da caccia, una tendenza verso l’acquisizione di velivoli europei di generazione 4.5: l’Eurofighter ed il Rafale, con la costosa eccezione del caccia multiruolo statunitense di quinta generazione F-35, già in uso in Italia, Paesi Bassi e Belgio e di prossima acquisizione da parte di Germania, Finlandia, Repubblica Ceca e Polonia. La European Defence Industrial Strategy (EDIS), pur non avendo carattere vincolante, pone tre ambiziosi obiettivi 2030: non meno del 35% del mercato europeo della difesa interno all’UE, almeno il 50% del budget dei Paesi Membri speso in prodotti e servizi offerti da aziende europee (al 60% nel 2035), nulla meno del 40% attraverso soluzioni collaborative.

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Articolo a firma Rem dalla redazione di

8 Novembre 2024