Il rifiuto di ammettere il fascismo italiano

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

In questo paese si ha un bel problema col termine “fascismo”. Ci si rifiuta di pronunciarlo o definire di indirizzo palesemente fascista il governo Meloni solo perché organi di polizia e vigilantes di partito non ricorrono all’olio di ricino.
Politici, intellettuali e giornalisti, condizionati da una forma di negazionismo dell’infezione ideologica neofascista, fluttuano inconsistenti, imprigionati in un etichetta che la Dx prende a calci quotidiani. E con ciò dà voce all’estremismo politico oggi senza briglie, addirittura favoreggiato.
Non c’è alcun coraggio nel voler rassicurare sé stessi e la platea di italiani confusi sull’illusione che con la morte di Mussolini le idee del ventennio nazifascista e i suoi inenarrabili orrori, siano stati seppelliti sotto copie della Costituzione che nessuno è obbligato a studiare con severità in quanto cardine della Democrazia.
Sul tema trovo timido e insufficiente l’atteggiamento di opposizioni e sindacati postulanti a vuoto dal balcone di un edificio protocollare traballante.
Ogni volta che si dovrebbe scatenare un putiferio, ci si limita allo sdegno dei precisini nel timore d’essere inseriti nelle liste di eversivi e comunisti da ingabbiare. Mai vista in vita mia tanta insufficienza dalla classe dirigente del paese.
Dopo solo qualche mese dal clamore dell’inchiesta su Gioventù Nazionale non è rimasto che il problema irrisolto di giovani nazifascisti occultati con perizia da veterani di partito e scoperti da giornalisti infiltrati su cui si è addirittura dubitato del metodo. Gli esponenti del governo evocavano metodi da regime mentre di fatto allevano in casa tifosi sperticati di Hitler. Gioielli che troveranno future collocazioni nei palazzi così come l’hanno trovata fascisti riciclati che dagli scranni del potere scalciano violentemente contro il dissenso.
Il baratro su cui si fa spallucce è accolto da giovani ignoranti ma potenzialmente molto pericolosi la cui cultura fascista è derubricata a ragazzata come nel caso dei fascistelli che sputavano, urlavano, disturbavano gli spettatori e gridavano “comunismo di merda” durante la proiezione della pellicola su Berlinguer. E se comportarsi da fascisti è un ragazzata, i centri sociali sono condannati, identificati quali bolge di delinquenti e zecche rosse comuniste da un ministro che ostenta la retorica del fascista sotto mentite spoglie.
300 camicie nere al centro di Bologna meriterebbero scioperi a raffica, interrogazioni parlamentari, giornalismo scatenato contro governo e inguardabile ministero dell’interno. Invece si tollera che la premier, invasata dalla cultura tossica per cui chi governa è padrone delle risorse pubbliche, risponda al Sindaco di Bologna che se lui la considera come i picchiatori della piazza, non dovrebbe chiederle alcun aiuto. Bè sapete cosa significa? Che per avere risorse pubbliche bisogna pensare come Giorgia Meloni e i suoi sottosegretari sadici per cui si gioisce quando i detenuti vengono soffocati. Oppure come Calderoli, per cui l’opposizione deve tacere per sempre.
Due consigliere laiche del Csm, di cui una in quota FDI, hanno presentato un richiesta di provvedimento disciplinare contro un magistrato perché secondo loro non avrebbe dovuto partecipare a un meeting dell’associazione “No Ponte” definita “antigoverno”.
Si è dunque giunti al dramma paradossale della legittimazione esclusiva di associazioni che difendono il governo? E’ onorevole il magistrato che presenzia ai meeting Pro Vita ma eversivo chi partecipa a dibattiti contro il Ponte sullo Stretto. Siamo forse impazziti? E’ eversione schierarsi contro un ponte su cui una carovana di buzzurri mendaci prendono in giro tutti gli Italiani?
Un magistrato, come qualsiasi libero cittadino, è libero nel rispetto delle leggi di concepire e coltivare idee proprie su governo e sue iniziative. Invece pare che il pensiero libero sia inquadrato subdolamente tra forme di eversione punita, non con la sanzione amministrativa che già indicherebbe la resurrezione del reato d’opinione, prima con l’ostracismo e poi forse col codice penale.
Non è cialtroneria il perno su cui il Governo escogita le proprie trame contro l’Italia democratica, è l’impianto culturale illiberale a caratterizzarne l’azione. Troppo facilmente e superficialmente oggi ci si confonde tra autocrazia e cialtroneria, tra conservatore è fascista. E francamente non sono disposto a tollerare ambiguità da coloro che oltre condannare nitidamente le norme fondamentali partorite dal governo in carica, dovrebbero occuparsi con rinnovato vigore di ricordare che molte di queste, soprattutto sul tema del diritto individuale e collettivo, sono ispirate da cultura fascista.
Sorprendentemente per ammettere il genocidio in corso occorrono campi di concentramento in Palestina perché diversamente l’orrore è insufficiente. Agli Italiani che occorre perché si sveglino un pochino, il ripristino dell’ esilio al confino?
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Gioacchino Musumeci