Genocidio in Palestina? Papa Francesco chiede di indagare

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

“Mi dispiace che il Papa abbia parlato di genocidio. È una parola inadeguata, che viene usata con troppa facilità, di fatto ridimensionando l’unico vero genocidio della storia, quello che abbiamo vissuto noi: la Shoah”.
Parola di Edith Bruck, sopravvissuta all’olocausto nazista, che fa eco alle parole pronunciate in passato da Liliana Segre.
Con il massimo rispetto che si deve a chi ha vissuto quella tragedia immane, credo che non esista un’ esclusiva per la sofferenza.
Mi aspetterei viceversa parole forti di condanna verso chi oggi rade al suolo interi quartieri, bombarda le tende di sfollati, distrugge gli ospedali e nega l’acqua e il pane a bambini ed anziani.
Ma l’unico vero genocidio della storia è davvero solo quello ebraico?
Intanto mettiamoci d’accordo sul termine: genocidio.
Il termine genocidio indica l’eliminazione intenzionale, sistematica e pianificata di un gruppo umano identificato in base a caratteristiche nazionali, etniche, razziali o religiose.
Il termine è stato coniato nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin, unendo le parole greche genos (razza o gruppo) e latine -cidium (uccisione).
Ecco la definizione giuridica.
Il genocidio è stato formalmente definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio del 1948, che lo descrive come:
“Qualsiasi atto commesso con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale.”
Atti che costituiscono genocidio secondo la Convenzione ONU:
1. Uccisione di membri del gruppo.
2. Causare gravi lesioni fisiche o mentali ai membri del gruppo.
3. Imporre condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica totale o parziale del gruppo.
4. Adottare misure per impedire nascite all’interno del gruppo.
5. Trasferire forzatamente bambini del gruppo ad altri gruppi.
Esempi storici di genocidio dal Novecento in poi, secondo la dottrina del diritto internazionale.
– Genocidio degli Herero e dei Nama (1904-1908) perpetrato dalla Germania coloniale nell’attuale Namibia.
– Genocidio degli armeni (1915-1917) durante l’Impero Ottomano.
– Olocausto (1941-1945) perpetrato dai nazisti contro gli ebrei, i rom e altri gruppi.
– Genocidio in Cambogia (1975-1979) da parte dei Khmer Rossi.
– Genocidio in Ruanda (1994), che ha colpito i Tutsi e i moderati Hutu.
– Genocidio in Bosnia (1995), con il massacro di Srebrenica.
Potremmo aggiungerne degli altri, la storia umana è segnata da numerosi genocidi, spesso ignorati o negati, ma è abbastanza chiara la natura degli stermini e delle distruzioni che fanno scattare la scomunica di “genocidio”.
La Shoah dunque non è stato un genocidio isolato. Anzi. Forse, solo quello più documentato.
Quello che sta avvenendo in quest’ultimo anno a Gaza è sotto gli occhi di tutti. Chi sostiene che le “operazioni militari” siano dirette contro Hamas e non contro la popolazione palestinese (conseguenze collaterali) mente sapendo di mentire.
La classificazione o meno di “Genocidio”, beninteso non cambia di una virgola la condizione tragica di chi sopravvive nel lager di Gaza.
È una faccenda tutta politica.
Dimostriamola.
1. Altissima mortalità tra i civili palestinesi.
Il numero elevato di morti civili a Gaza, compresi donne e bambini, è indicativo di un tentativo deliberato di colpire la popolazione palestinese nel suo complesso.
Gli attacchi contro case, scuole, ospedali e rifugi non possono essere giustificati come “danni collaterali” in un conflitto armato.
Così come la sproporzione nelle perdite tra palestinesi e israeliani.
2. Distruzione deliberata di infrastrutture essenziali
Gli attacchi su Gaza hanno colpito infrastrutture vitali: acquedotti, centrali elettriche, ospedali e vie di comunicazione.
La distruzione sistematica di queste strutture crea condizioni insostenibili per la popolazione civile, riducendo l’accesso a beni primari come cibo, acqua e cure mediche.
Queste azioni rientrano a pieno titolo nella definizione di genocidio, poiché mirano a creare condizioni di vita che portano alla distruzione fisica di un gruppo, almeno “in parte” (articolo II della Convenzione ONU).
3. Blocco di Gaza e condizioni di vita disumane
Il blocco imposto da Israele su Gaza dal 2007 è una chiara forma di apartheid.
La popolazione, composta in gran parte da giovani e bambini, vive in condizioni di sovraffollamento e povertà estrema.
Questo isolamento forzato è parte di un processo che punta alla progressiva eliminazione dei palestinesi come popolo indipendente.
Il blocco limita l’accesso ad aiuti umanitari, carburante e risorse, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria.
4. Dichiarazioni pubbliche controverse
Non si contano le dichiarazioni di politici e leader sionisti israeliani.
Per esempio:
Frasi che delegittimano il diritto all’esistenza del popolo palestinese, descrivendolo come una minaccia esistenziale o disumanizzandolo.
Inviti alla “pulizia etnica” o alla deportazione dei palestinesi da Gaza, che testimoniano la volontà di cancellazione fisica e culturale.
5. Carattere sistematico e continuativo delle violenze
Le operazioni militari a Gaza sono da considerarsi come parte di una strategia più ampia per “frammentare” prima, e “disintegrare” poi il popolo palestinese nel tempo.
Le ripetute e massicce campagne militari, unite alla continua espansione delle colonie nei Territori Occupati, incluse le espulsioni forzate in Cisgiordania e Gerusalemme Est, sono tentativi chiarissimi di cancellare la possibilità di uno stato palestinese e di erodere progressivamente l’identità del popolo palestinese.
Dunque, l’applicazione della definizione di “genocidio” di fronte a tali argomentazioni è quantomai appropriata, se si considera che il tentativo di distruggere anche solo “in parte” un gruppo etnico, razziale o religioso è sufficiente per la Convenzione ONU.
Non a caso la Corte Internazionale di Giustizia (organo internazionale senza ulteriori gradi di appello) a gennaio ha stabilito che sussiste il plausibile rischio di genocidio del popolo palestinese, imponendo obblighi per Israele per evitarlo.
In conclusione: le azioni dello Stato terrorista di Israele mirano a distruggere e annientare intenzionalmente, direttamente o indirettamente, la popolazione palestinese, attraverso la violenza, l’isolamento e la distruzione delle basi per la sopravvivenza.
Chi lo nega è: o il carnefice o un suo complice.
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Alfredo Facchini
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