Ministro Valditara, italiani e negazionismo del patriarcato

DI GIOACCHINO MUSUMECI

Gioacchino Musumeci

 

Per la serie “argomenti noiosi in post inutili” eccovi serviti. Ha fatto discutere per 5 minuti poi “ciao chi se ne frega” il Ministro Valditara sul tema del “patriarcato”.
Certo è complicato ammettere che l’impostazione culturale non solo italiana ma più in generale mediterranea sia basata sull’idea che il “maschio domina la donna”.
Il negazionismo del maschilismo stride con dinamiche familiari consolidate su cui non opinare. Tante donne “moderne” raccolgono per dovere calzini e mutande di figli o mariti. “Altrimenti chi lo fa al mio posto” pensa la “mamma stressata”. E se le donne sono in carriera, altre donne svolgeranno l’ingrato compito di tramandare la tradizione secondo cui “l’uomo dispone e la donna accudisce”. Sicuramente mi direte che non è così ma questo sottostimare quotidiano favorisce stallo culturale e femminicidi a raffica.
Non voglio parlare troppo dell’insufficienza argomentativa del ministro Valditara, delle sue grossolanità statistiche, della tendenziosità vergognosa e il razzismo subdolo con cui ha associato l’immigrazione clandestina ala violenza sulle donne. Non mi soffermerò neanche sul fatto che secondo Valditara gli uomini moderni sono fragili, perciò va da sé che vanno capiti poverini e torniamo ai calzini raccolti per amore.
Gli orrori concettuali eruttati dalla caldera del ministro sono tragici ma lo è maggiormente la leggerezza con schiviamo aspetti molto scomodi dell’italianità.
Tanti sostengono che il patriarcato è stato sconfitto 200 anni fa. Gender gap o magistrati che assolvono l’aggressore se la vittima non reagisce adeguatamente entro venti secondi, sono robette insignificanti. Ugualmente irrilevante che sia assolto l’abusante che non ha capito “le intenzioni” di una ragazza alterata dall’alcol. Per me le ha capite come voleva lui ma la magistrata ha deciso diversamente. Sono fatti di tutti i giorni mica nevicate in Agosto.
Divulgatori televisivi, cioè coloro che misurano i mali dell’italianità col metro della limitata dimensione personale, considerano insignificante che l’autore della violenza sulla donna sia prevalentemente italiano. Soltanto il 26% degli aggressori ha provenienza straniera. Invece il ministro della scuola, il cui dovere sarebbe trainare la cultura verso il progresso, conferma lo stereotipo diffuso secondo cui il fenomeno della violenza maschile sulle donne si riduce a retaggio di universi culturali estranei a Paesi extraeuropei. Ma è comodo quanto disonesto pensare certe sciocchezze. Purtroppo quasi sempre l’autore della violenza è il partner oppure l’ex partner della vittima e ciò significa che la violenza viene esercitata da un uomo in relazione affettiva con la donna. Fanno quasi tenerezza i poverini/e che dissociano questo triste dato dall’humus culturale in cui cresciamo i nostri pargoletti.
Tanti negano ancora la cultura patriarcale, e in un Paese provinciale e bigotto come il nostro la negazione è una condanna che rallenta l’evoluzione, pazienza. D’altra parte la rapidità del nostro progresso ideologico è testimoniato dal fatto che l’Italia dal 46, anno in cui fu dichiarata Repubblica, attese fino al 1981 prima che venisse abrogato “Il delitto d’onore” e con esso il matrimonio riparatore. Sostenere che il patriarcato sia stato sconfitto è davvero vivere dislocati dalla realtà.
Non si dovrebbe almeno per decenza ma dato che l’argomento tocca proprio gli uomini e questi vanno necessariamente capiti, si nega costantemente che la cultura maschilista sia trasversale, radicata ovunque. Riccardo Scamarcio, notissimo attore per nulla attempato, intervistato a Belve ha detto: “In un gioco dei ruoli, il maschio è capobranco e la femmina gli sta accanto e si occupa dei figli. Che dobbiamo lavare a terra, noi?”
“Ma certo che no Riccardo, quando mai lavare per terra…” Adesso venitemi a raccontare che Scamarcio è un fenomeno statisticamente trascurabile. Evidentemente ignorate che tanti italiani conservatori pensano che il maschilismo sia un elemento del pensiero nazionalista, ma nel senso più nobile del termine eh.
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Gioacchino Musumeci