Francia senza governo, a rischio la presidenza Macron

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Rem dalla redazione di REMOCONTRO –

Dopo soli tre mesi, cade il governo Barnier su una mozione presentata dalla sinistra e votata dall’iltra destra di Le Pen. Obiettivo della “censura” il presidente Macron, che spera di nominare il prossimo premier in 24 ore. La prima «sfiducia» in 60 anni, a colpire politicamente al presidente Macron, che si era rifiutato di riconoscere il risultato delle elezioni anticipate a sinistra, ha aperto la strada a Le Pen, e si ritrova senza bilancio in una crisi al buio.

Il governo più corto della Repubblica

Il governo Barnier cade dopo 3 mesi di vita è stato il più corto della V Repubblica, il secondo a cadere su una  ‘censura’ votata dal Parlamento 70 anni dopo Pompidou nel 1962. Travolto sul bilancio delle pensioni, cade anche la Finanziaria per il 2025, su una mozione presentata dal Nuovo Fronte Popolare e votata dall’ultra destra di le Pen che ha presentato un secondo testo di censura, superato dal primo votato reso caduco dall’esito del primo voto. Mentre l’Assemblée Nationale vota, il presidente Macron atterra di ritorno dal viaggio di stato in Arabia Saudita.

Il presidente più contestato di Francia

La vigilia, il presidente ha respinto ogni ipotesi di dimissioni, avverte Anna Maria Merlo da Parigi, sul manifesto. I tempi sono stretti per designare un primo ministro, trovare una ipotetica maggioranza, e riportare la calma. Perché è tutta la Francia Paese, economia e solidarietà sociale che è in crisi con sciopero e tensioni: oggi protesta la scuola. E l’economia mette paura, con 160mila posti di lavoro a rischio per la chiusura di fabbriche. Mentre si apre un altro momento storico per la Francia, le cerimonie per la riapertura di Notre Dame, 5 anni dopo l’incendio, alla presenza di numerosi capi di stato e di governo, Donald Trump compreso.

Ghigliottina Barnier, ora tocca al Re?

Eric Coquerel di ‘France Insoumise’, una ‘Francia Indomita’ a sinistra a presentare la ‘mozione di censura’ del Nuovo Fronte Popolare. Coquerel non pensa già più a Barnier ma parte all’attacco del presidente Macron con accuse pesanti e di fatto. Un primo ministro uscito dalla forza politica, i Républicains, gli ex gollisti, che aveva fatto il peggior risultato alle legislative anticipate, e ha cercato compromessi «solo con l’estrema destra, mentre una maggioranza di cittadini non è dietro il governo né dietro il presidente della Repubblica che l’ha nominata».  «Oggi suoniamo la campana a morte di un mandato, quello del presidente della Repubblica».

Marine Le Pen ha fretta di prenderne il posto

Rassemblement National vota la sfiducia presentata dalla sinistra, «certo malvolentieri». Con Marine Le Pen che denuncia «l’illusione ottica intransigenza, settarismo, dogmatismo, con milioni di francesi ignorati, cancellati da un governo privo di legalità democratica». L’estrema destra si scaglia contro un budget «recessivo, tecnocratico, una contabilità fredda, una routine spendacciona». Marine Le Pen è più prudente nel prendere di mira direttamente Macron, ma la strategia dell’estrema destra è insidiosa, intende diffondere nell’opinione pubblica il «veleno lento della dimissioni», annota ancora Anna Maria Merlo.

“Marine Le Pen ha fretta, il 31 marzo è prevista la sentenza per la frode al parlamento europeo sull’impiego degli assistenti parlamentari, che oltre a 5 anni di carcere (3 con la condizionale) prevede un’applicazione immediata, senza tener conto di un eventuale appello, di 5 anni ineleggibilità, che le impedirebbero di ripresentarsi per la quarta volta alla corsa all’Eliseo.”

Macron il vero bersaglio di una Francia in crisi

Socialisti più trasparenti: «Tocca al presidente valutare se è in grado di restare». Assieme all’invito a nominare un primo ministro del Nuovo Frinte Popolare che ha vinto le elezioni. Il Ps propone un accordo di con il fronte repubblicano, per evitare le situazioni di blocco. Barnier è accusato di essersi «chiuso in un testa a testa umiliante con l’estrema destra».
Anche i Verdi hanno come bersaglio Macron: «Ha gettato nella pattumiera i risultati della convenzione cittadina sul clima, nascosto i contenuti dei cahiers de doléances (dopo i gilet jaunes), ha cercato di sciogliere i ‘Soulèvements de la Terre ‘mentre le milizie di estrema destra manifestano nelle nostre strade, ha calmato gli agricoltori con false promesse, ha indetto elezioni anticipate per tattica politica e ha rifiutato il risultato della sua disfatta».
Per il Pcf la questione delle dimissioni di Macron resta secondaria, mentre l’interesse principale è difendere i diritti delle classi popolari, schiacciate da una prospettiva di tagli al welfare di 40 miliardi.

Già si litiga su eventuali presidenziali anticipate

Seduto negli spalti del pubblico dell’Asseblée Nationale, il fondatore de ‘La France Insoumise’, Jean-Luc Mélenchon, ormai non più deputato e concentrato sulle possibili presidenziali anticipate, assapora l’avvenimento, storico, della sfiducia a Barnier, rileva Filippo Ortona. Nel dopo-Barnier, il futuro del Nuovo Fronte Popolare è avvolto nell’incertezza, tra posizioni divergenti sulla tattica da attuare in questi giorni e differenze di fondo rispetto alla strategia da adottare in vista di una possibile, per quanto incerta, dimissione di Emmanuel Macron con annesse presidenziali anticipate.

Atmosfera crepuscolare

«Viviamo in un’atmosfera crepuscolare», ha detto Mélenchon. «Poiché il paese non ha voluto dare la maggioranza al partito di monsieur Macron, poiché l’Assemblée Nationale non ha voluto dare la fiducia al governo ch’egli ha nominato, poiché non c’è una maggioranza per approvare la sua finanziaria, allora, il responsabile di questa situazione deve prendere le proprie responsabilità e rassegnare le dimissioni».

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Articolo a firma Rem dalla redazione di
5 Dicembre 2024