DI MICHELE PIRAS
Qui da noi la notizia fa poco clamore, forse perché ai morti e alla distruzione ci si è ormai assuefatti o forse perché adesso c’è anche la tragedia della Siria, con le truppe jihadiste – quelle che in fondo non dispiacciono all’Occidente – a sconquassare ciò che resta della satrapia di Bashar Al-Assad.
Ma stavolta è Amnesty International a parlare di genocidio, a segnalare al Mondo l’ecatombe di Gaza, a raccontarci delle migliaia di bambini morti, della distruzione totale, dei palestinesi ridotti alla fame, al freddo e alla sete perché l’Idf non consente l’accesso ai convogli umanitari.
I termini hanno un peso, certo.
Ma anche l’esplicita volontà di distruggere un popolo o una parte di esso ce l’ha e va chiamata col proprio nome, piaccia o meno e qualsiasi sensibilità urti.
E farebbe anche ridere il fatto che da un governo di fanatici fascisti ultra ortodossi arrivi l’accusa di fanatismo ad Amnesty, se non ci fosse da piangere per la situazione paradossale e tragica nella quale ci troviamo.
Una insopportabile, violenta propaganda contro chiunque chieda che i diritti umani valgano anche per i palestinesi di Gaza, l’assalto diffamatorio nei confronti di chi si schiera contro l’occupazione e la carneficina, le allusioni sistematiche alle simpatie filo Hamas contro chiunque si azzardi a toccare l’intoccabile Israele, l’osceno tentativo di gettare discredito contro chi si batte per una pace giusta.
E se è vero che la prima vittima della guerra è sempre la verità, resta il fatto che la verità, anche in guerra, è un atto di coraggio e costituisce il primo e fondamentalmente atto di giustizia nei confronti di quella vita di un anno spezzata dall’Idf, dei 45 mila morti di Gaza, dei 18 mila bambini che oggi danzano in tondo in quella parte del paradiso riservato alle anime perdute di coloro che non avevano nessuna colpa.
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Michele Piras