DI ALFREDO FACCHINI
” …ogni film, ogni spettacolo, è generalmente politico. Il cinema apolitico è un’invenzione dei cattivi giornalisti. Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra”.
Il 6 dicembre 1994 a Florina, in Grecia, ci lasciava un Gigante della Cultura italiana, Gian Maria Volonté muore sul set di Lo sguardo di Ulisse di T. Anghelopoulos.
Volonté nasce a Milano il 9 aprile del 1933, scopre presto la sua passione per la recitazione lavorando, a soli 16 anni, come segretario della compagnia teatrale itinerante “I carri di Trespi”.
Diplomato all’Accademia di Arte Drammatica nel 1957, si confronta subito con i classici: da Shakespeare (Giulietta e Romeo, 1960) a Goldoni (La buona moglie, 1963).
Ma inizia anche il suo impegno militante con gli Artisti Associati, in cui interpreta il personaggio di Nicola Sacco in Sacco e Vanzetti di Roli e Vincenzoni.
Negli anni Sessanta passa al cinema, esordendo nel 1960 con D. Coletti in Sotto dieci bandiere, affermandosi tra gli interpreti di punta in film civili: (Un uomo da bruciare, 1962; Il terrorista, 1963; Svegliati e uccidi, 1966; A ciascuno il suo, 1967, di E. Petri, vincitore del nastro d’Argento; I sette fratelli Cervi, 1968; Banditi a Milano, 1968; L’amante di Gramigna, 1969) e in western all’italiana soprattutto quelli diretti da S. Leone, in cui interpreta il ruolo del cattivo e del cinico (Per un pugno di dollari, 1964; Per qualche dollaro in più, 1965, Quién sabe?, 1967, di D. Damiani).
Ma con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) che Volonte si consacra come un’icona del cinema politico. Un film che non fa sconti alla polizia e con una frase di Kafka nei titoli di coda che inchioda lo spettatore a quello che ha appena visto: “Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alle legge e sfugge al giudizio umano”.
Uomini contro (1970), Sacco e Vanzetti (1971), La classe operaia va in paradiso (1971), Il caso Mattei (1972), Sbatti il mostro in prima pagina (1972), Giordano Bruno e Lucky Luciano (1973), Il sospetto (1975), Todo modo (1976), Io ho paura (1977), Cristo si è fermato a Eboli (1979), Ogro (1979).
Racconta Giuliano Montaldo: “Mentre giravo il film “Sacco e Vanzetti”, mi accorsi che una delle due guardie che stavano accanto a Gian Maria, piangeva. Fermai tutto e quella comparsa mi bisbigliò: “A dottò, me scusi, ma ‘sto Volontè me commuove davvero””.
Ha lavorato anche all’estero: in Francia per I senza nome (1970) e L’attentato (1973), in Messico per Actas de Marusia (1976), in Svizzera per La morte di Mario Ricci che, dopo alcune prove poco riuscite, gli ha permesso di vincere a Cannes, nel 1983, il premio per la miglior interpretazione.
“Tu pensa a dove vuoi mettere la cinepresa, al personaggio ci penso io.”
Tra i film successivi ricordiamo Cronaca di una morte annunciata (1987) di F. Rosi, tratto dall’omonimo romanzo di Garcìa Márquez; Il caso Moro (1986) di G. Ferrara, L’opera al nero (1988) di A. Delvaux, Tre colonne in cronaca (1990) di C. Vanzina, Porte aperte (1990) di G. Amelio, Una storia semplice (1991) di E. Greco.
Di sé diceva: “Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società, per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita.”
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Alfredo Facchini