DI ALFREDO FACCHINI
Non c’è bisogno di un Golpe cruento, oggi basta avere i numeri in Parlamento per introdurre, anche per legge, un nuovo fascismo.
Non l’ho sparata grossa. No.
Nel testo del DDL Sicurezza messo a punto dai peggiori ministri della Giustizia e dell’Interno che si ricordi, sono presenti infatti tredici nuove fattispecie di reato e aggravanti di stampo inequivocabilmente fascistoide.
Vediamole.
Nel mirino del governo della ducetta c’è in primis la libertà di manifestare.
Per chi blocca strade o ferrovie, il reato sarà punito con il carcere fino a un mese (o sei mesi a due anni se in gruppo), trasformando le attuali sanzioni amministrative in reati penali.
Previste pene fino a 5 anni per i danneggiamenti a beni pubblici o immobili durante manifestazioni, con aggravanti se i beni coinvolti sono di interesse pubblico (es. infrastrutture strategiche).
Introduzione di una pena da 2 a 7 anni per chi occupa case destinate ad uso abitativo con violenza o minaccia. La chiamano norma “anti-Salis”.
Migranti e carceri.
Pene fino a 20 anni in caso di lesioni gravi o morti per chi organizza o partecipa a rivolte nei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) o nelle carceri. Anche forme di resistenza passiva saranno penalizzate.
Da segnalare un altro provvedimento – questo dal sapore più populista – che introduce un’aggravante per i reati commessi all’interno di stazioni ferroviarie e delle metropolitane. In particolare c’è da sottolineare un articolo quello del carcere per le donne in gravidanza o con figli neonati.
Proviamo a dirla così: avviene che talvolta le borseggiatrici che “operano” nelle stazioni delle metropolitane siano incinte. Nel testo è previsto che non sia più obbligatorio, ma facoltativo il differimento della pena in una struttura che non sia il carcere.
Meglio in cella e non se ne parli più.
Come può un bambino di poche settimane o di pochi mesi nascere e crescere in carcere?
Altra spallata demagogica. La commercializzazione di cannabis con THC sotto lo 0,2% viene equiparata a quella di sostanze stupefacenti.
Dulcis in fundo.
Si tratta dell’art.31 del disegno di legge, attraverso cui vengono ampliati i poteri dei membri dell’intelligence.
In soldoni autorizzerebbe gli 007 di DIS, AISE e AISI non solo a infiltrarsi in organizzazioni criminali e terroristiche, ma addirittura a dirigerle.
Di fatto ammettendo condotte di reato quali associazione sovversiva, terrorismo interno e banda armata.
Consentendo la «tutela processuale» per gli 007 «attraverso l’utilizzo di identità di copertura negli atti dei procedimenti penali e nelle deposizioni».
Scrive il sottosegretario Alfredo Mantovano, delegato ai Servizi: «Alcune informazioni di rilevanza operativa e destinate a una ristretta cerchia di persone sono acquisibili solo da chi, in qualità di partecipe al sodalizio, riesce a guadagnare la fiducia dei sodali e dei promotori progredendo nel ruolo, sino a rivestire incarichi di tipo direttivo e organizzativo all’interno della consorteria eversivo-terroristica oggetto dell’attività».
La norma contenuta nell’art.31 obbliga inoltre enti pubblici, università, aziende statali e concessionarie di servizi pubblici a un ruolo di collaborazione e assistenza verso i Servizi segreti.
Ciò significa che gli enti pubblici – comprese le Procure della Repubblica – potrebbero essere obbligati a fornire informazioni, anche riservate, ai Servizi, in deroga alle normative sulla privacy. Le informazioni potrebbero riguardare qualsiasi dato ritenuto rilevante per la “sicurezza nazionale”.
Insomma la trama che si configura, se questo obbrobrio giuridico diventasse legge, ci riporterebbe dritti dritti agli Anni della Strategia della tensione, quando l’Ufficio Affari Riservati (UAR) del Viminale diretto da Federico Umberto D’Amato, il Sid del generale Maletti e l’Anello, condussero campagne di disinformazione, depistaggi, provocazioni, complicità con l’eversione neofascista, fino al ruolo di mandanti e finanziatori di stragi, su tutte quella della Stazione di Bologna.
Il governo della ducetta un mattone alla volta sta erigendo uno Stato di polizia in piena regola, per criminalizzare il dissenso e in caso di necessità per destabilizzare il Paese, per poi reclamare misure dolorose ma necessarie.
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Alfredo Facchini
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