DA REDAZIONE
Stefano Rizzuti dal giornale LA NOTIZIA –
La Banca d’Italia taglia ancora le stime sulla crescita: nel 2024 sarà dello 0,5% e il prossimo anno non andrà oltre lo 0,8%.
Voluto o meno, è Bankitalia a fornire l’assist al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in tema di crescita. Se il ministro continua a parlare di un Pil al +0,7% quest’anno, ci pensa la Banca d’Italia a spiegare come sia possibile: basta citare il dato grezzo, quello che non considera le effettive giornate lavorative del 2024. E così la promessa ribadita soltanto giovedì da Giorgetti può diventare quantomeno giustificabile: il Pil crescerà dello 0,7%.
Ma, in realtà, le cose non stanno proprio così. Perché quest’anno la crescita sarà dello 0,5% e poi nel triennio successivo intorno all’1% (di media), trainata dalla ripresa dei consumi e delle esportazioni. Le stime contenute nelle proiezioni macroeconomiche di Bankitalia sono state formulate sui dati corretti per gli effetti di calendario. Il dato che va considerato per fornire informazioni precise. Mentre il Mef, spiega ancora Bankitalia, non l’ha fatto. Il dato grezzo, senza correzione, in effetti coincide: +0,7% per Palazzo Koch e +0,7% per Giorgetti. Una cifra, però, ben lontana dal +1% previsto dal Piano strutturale di bilancio dello stesso governo.
Crescita sotto l’1% anche nel 2025
Le proiezioni della Banca d’Italia vedono peraltro una crescita rivista al ribasso rispetto alle precedenti stime di ottobre: 0,1% in meno a causa di andamenti meno favorevoli del previsto della seconda metà dell’anno. Passando ai prossimi anni, nel 2025 la crescita sarà ancora contenuta: +0,8% e quindi ancora al di sotto dell’1% che per il governo era l’obiettivo già quest’anno. Poi nel 2026 si dovrebbe arrivare all’1,1%. In entrambi i casi le previsioni sono state riviste al ribasso. Previste, inoltre, ancora difficoltà per gli investimenti dopo la fine del Superbonus.
Bankitalia prevede invece che l’inflazione “rimanga contenuta”, con un 1,1% di media nell’anno in corso e poi 1,5% nei successivi due anni. Il rialzo dei prezzi è atteso a causa del “venire meno del forte contributo negativo della componente energetica e, nel 2027, gli effetti temporanei dell’entrata in vigore della normativa Ets2”. Infatti nel 2027 l’inflazione è attesa al 2%. Tutte queste previsioni, comunque, risentono di una “elevata incertezza” derivante dalle possibili politiche protezionistiche (leggasi dazi) e dalle “perduranti tensioni connesse con i conflitti in corso che potrebbero incidere negativamente sulle vendite all’estero”. Fattori che possono comportare anche un peggioramento della fiducia di famiglie e imprese che andrebbe a riflettersi sulla domanda interna. Non solo, perché un eventuale calo della domanda “potrebbe pesare sull’occupazione e comprimere l’andamento di salari, margini di profitto e prezzi di vendita delle imprese”. C’è poco da star sereni.