DI ENNIO REMONDINO
Da REMOCONTRO –
Questa carta inedita di Laura Canali su Limes rappresenta com’erano, all’epoca di Cristo, le terre che attualmente fanno parte di Israele, Palestina, Giordania, Siria e Libano. Le ricorrenti tensioni a Gerusalemme mantengono al centro del dibattito il valore storico, religioso e geopolitico della città sacra alle confessioni cristiana, musulmana ed ebraica. Mentre Michele Giorgio ci racconta la disperata Betlemme di oggi.
Uso a scopi strategici della Terrasanta
L’uso a scopi strategici della storia religiosa della Terrasanta non è una prerogativa esclusiva dello Stato ebraico e degli altri paesi mediorientali. Negli Stati Uniti, per esempio, è forte l’influenza politica della corrente fondamentalista evangelica, convinta dell’imminenza del ritorno del Figlio di Dio sulla Terra e dell’ineluttabilità dell’esistenza dello Stato d’Israele affinché si compia la profezia.
Andrea Riccardi, comunità di Sant’Egidio
“Il rapporto cristiano con le radici della propria fede si era concentrato sul Libro delle Scritture e sulla terra d’Israele, di Gesù, di Maria e degli apostoli. L’oggi del popolo ebraico non rappresentava le radici del cristianesimo. Al di là della stagione ambigua delle crociate, l’attrazione verso la Terrasanta, come la terra delle origini, aveva accompagnato secoli di storia cristiana. Dal 1333, nonostante il dominio ottomano, venne organizzata la Custodia di Terrasanta, una provincia francescana con il compito di vigilare sui luoghi santi cattolici e con un certo profilo internazionale”.
Michele Giorgio, Betlemme oggi
Per il secondo anno, Betlemme cancella la festa in solidarietà con Gaza. Celebrazioni natalizie solo religiose. «Rony Tabash è uno degli abitanti di Betlemme più noti. Parte di una antica famiglia palestinese cristiana, è proprietario del Nativity Store, tra i negozi di articoli religiosi e souvenir più riconoscibili sulla piazza della Mangiatoia. Tabash continua ad aprirlo ogni giorno, ma spesso passa un’intera settimana senza vendere nulla e 25 famiglie locali che realizzavano per lui articoli religiosi in legno d’ulivo intagliati a mano, ora sono senza lavoro..»
Secondo Natale in piena crisi, verso la fame
«La guerra a Gaza ha spento quasi del tutto il turismo internazionale in questa terra, la fonte principale di lavoro e reddito per migliaia di famiglie cristiane e musulmane della città. La disoccupazione è ai massimi livelli (50% secondo i dati ufficiali) e tanti riescono a malapena a sopravvivere. Questo è il secondo Natale in piena crisi».
Bombe diverse anche su Betlemme
La popolazione di Betlemme guarda sgomenta la distruzione di Gaza, con almeno 45mila morti, e su molti presepi, Gesù bambino appare in una culla tra le macerie, mentre l’umanità attorno fa i conti con il crollo di futuro, anche se non delle loro case. Il numero di visitatori è sceso da un massimo prima del Covid di circa 2 milioni all’anno nel 2019 a meno di 100.000 visitatori nel 2024, il tasso di occupazione degli hotel è precipitato dall’80% all’inizio del 2023 al 3% di oggi.
Celebrazioni in solidarietà con Gaza
Celebrazioni natalizie per solidarietà con Gaza limitate ai riti religiosi e alle preghiere. Desolazione e silenzio regnano nelle vie del centro, e la piazza della Mangiatoia, di fronte alla Chiesa della Natività, è in gran parte deserta. Non c’è il tradizionale albero di Natale. Il tradizionale ingresso in città del Patriarca latino, il cardinale Pizzaballa -che dopo le critiche di papa Francesco a Israele nei giorni scorsi ha potuto visitare la comunità cristiana di Gaza- ha dedicato l’omelia della messa di mezzanotte alla drammatica situazione in Palestina.
La fuga dei cristiani
Quasi 500 famiglie hanno lasciato Betlemme nell’ultimo anno. E tante altre si dicono pronte a fare lo stesso. Quelle cristiane in modo particolare. Da generazioni le comunità cristiane sono in declino in tutto il Medio oriente e la Cisgiordania sotto occupazione israeliana è una delle aree più critiche. Nel 1947 l’85% della popolazione di Betlemme era cristiana. Ora dei 220mila abitanti del distretto solo 23.000 sono cristiani, solo il 10% della popolazione.
La terra che fu di Cristo sotto Netanyahu
«Non c’è sicurezza se si viaggia tra i vari distretti della Cisgiordania, come Betlemme, Ramallah, Gerico, Hebron» denuncia il sindaco Afteem. Il territorio è in continua trasformazione a causa della crescita degli insediamenti ebraici negli ultimi due anni, con coloni aggressivi – dal 7 ottobre 2023 hanno ricevuto 120.000 armi da fuoco «per proteggersi» – che premono con raid sul terreno e attraverso i loro rappresentanti alla Knesset e nel governo Netanyahu per annettere la Cisgiordania a Israele.
Se muore la pietà
“Munther Isaac, pastore luterano di Betlemme, sottolinea che anche le famiglie musulmane stanno emigrando, schiacciate da problemi finanziari e dalle preoccupazioni sul futuro. «C’è il timore che questa guerra non finisca più e che possa estendersi ad aree della Cisgiordania, soprattutto dopo l’armamento dei coloni e l’annuncio della possibile annessione della Cisgiordania. Con questo clima e la distruzione di Gaza, festeggiare il Natale è difficile per tutti».”
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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di
25 Dicembre 2024