Il format delle lotte apparenti

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Antonio Cipriani da REMOCONTRO –

A un certo punto della nostra storia recente essere trasgressivi è diventato necessario. A un certo punto, a teatro, la trasgressione era talmente codificata che potevi prevedere ciò che sarebbe accaduto, e il modo per farlo accadere sulla scena, come fosse un format.
Non solo a teatro. Ogni forma apparentemente sovversiva, culturalmente e socialmente, nel giro di poco si trasforma nella parodia di se stessa. Un mettersi in luce, non importa come, non fa niente se scopiazzando a destra e manca, e poi sedersi comodamente sulle poltroncine mediatiche del tuttologismo applicato alle cose inessenziali della vita.

Le lotte, le battaglie civili, i movimenti culturali, il desiderio artistico, la voglia di cambiare il mondo ridotti a parametri utili temporaneamente per una svolta personale da surfisti delle trasgressioni, delle sovversioni, del cogliere l’attimo giusto per far finta di essere qualcosa in un format che si basa anche su queste apparenze. Anzi, in un format che si alimenta di queste apparenze.

“Tutto divorato dalla società dello spettacolo in cui ogni azione, anche la più estrema e rivoluzionaria, può essere utile, inglobata e utilizzata sapientemente per animare nuove forme di conformismo e false ipotesi di sovversione.”

Parliamo di mediocri protagonisti della scena politica e culturale nazionale, con declinazioni locali. Ma questa, a livello planetario, è l’epoca della crudeltà al potere, ben supportata dall’indifferenza che si nutre di finte polemiche, finte azioni di lotta civile, farneticanti labirinti di senso.
Gog edizioni, fuori dagli schemi del mercato editoriale, manda una newsletter intitolata “Preferirei di no”. Sempre interessante. In questa ultima lettera per le feste, parlando del libro della sociologa francese Nathalie Heinich, “L’ideologia vendicativa”, scrivono: “…siamo entrati, ormai da qualche anno, nell’età dove tutto e tutti chiedono vendetta. Le vittime sono indistinguibili dai carnefici, i carnefici si fanno vittime, le maggioranze si lamentano tentando di farsi passare per minoranze oppresse, le minoranze oppresse appena arrivano a conquistare incarichi di prestigio o di potere si comportano peggio di quelle che hanno spodestato, i rivoluzionari diventano influencer, i militanti funzionari, gli attivisti mandarini, tutto cambia per non cambiare mai. Funziona così la vendetta. Risarcisce dei torti subiti, ma non muta le condizioni per i quali quei torti si creano”.

Ecco, riflettendo sulle finte trasgressioni artistiche, sulle mediocri battaglie civili e sociali degli esponenti più mediatici della cultura nazionale, queste parole così sferzanti mi sono sembrate utili nel dibattito.

Ma poi quale dibattito?

“Me lo fa notare il barbiere anarchico, alchimista rurale. Altro che “il dibattito no…” Tutto sembra contenuto nel dibattimentificio mediatico-virtuale che non sfiora minimamente le coscienze e che non costruisce alcuna forma di attivismo nella realtà. Cioè nella vita in cui viviamo. Rendendoci spettatori passivi di una farsa, più o meno trasgressiva, che ci riempie di polemiche ma non tende mai a operare per mutare le condizioni con cui l’ingiustizia regola la nostra società.”

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Articolo di Antonio Cipriani dalla redazione di

5 Gennaio 2025