DI FABIO SALAMIDA
Il 2 dicembre scorso, insieme ad altri colleghi, ho visto tutti gli episodi della serie “M. Il figlio del secolo”, ispirata all’omonimo romanzo di Antonio Scurati. Con religioso rispetto dell’embargo chiesto da Sky, ne scrivo solo ora.
Non parla solo di “lui”
Fatta la dovuta premessa, mi sento di affermare che è un piccolo capolavoro. E lo è perché, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non è una serie che parla semplicemente della vita e delle azioni del “pendolo di piazzale Loreto”, ma di quell’Italia che ha reso possibile l’ascesa di un uomo che seppe colmare la sua palese mediocrità con l’opportunismo e la furbizia, uniti a un’innata capacità di leggere e sfruttare i lati peggiori della parte peggiore del popolo italiano.
L’amore e l’odio
Un uomo che seppe approfittare di un vuoto e su quel vuoto costruì il suo potere.
“Mi avete adorato follemente per venti anni come una divinità. E poi odiato follemente, perché mi amavate ancora. A cosa è servito quell’odio? Guardatevi attorno, siamo ancora tra voi”, dice il “pendolo” nel prologo, portando quel racconto all’oggi, al degrado umano e culturale a cui stiamo assistendo, un degrado umano e culturale che ha portato al potere gli eredi morali di quel disastro.
L’Italia di oggi
Perché gli italiani di allora somigliano tanto agli italiani di oggi. In ogni scena della serie c’è un collegamento con l’attualità, che in molti casi diventa persino esplicito. “M. Il figlio del secolo” in fondo parla degli italiani, della loro predisposizione a farsi raggirare dalla piazzista o dal piazzista di turno, dai personaggi in grado di tirar fuori l’odio represso e trasformarlo in consenso.
M. Il figlio del secolo e l’attualità
Per capire l’attualità della serie basta leggere i commenti all’intervista rilasciata dall’attore Luca Marinelli, in cui dice che da antifascista ha provato molto dolore nell’entrare in quel personaggio. La frase che si legge di più è “chissà se avrà provato dolore anche quando è arrivato il bonifico”.
Ecco: il “pendolo di piazzale Loreto” salì al potere sfruttando la stessa miseria umana di chi non sa nulla della fatica che può fare un attore a immedesimarsi completamente in un personaggio (c’è chi dopo le riprese deve andare in analisi), ma esterna il suo pensiero da analfabeta funzionale condito di quell’invidia sociale tipica di chi non ha nessun talento ma odia chi al contrario eccelle in qualcosa e viene ben pagato per il suo lavoro.
Guardiamoci intorno, sono ancora tra noi.
.
.
Fabio Salamida da