DI MARIO PIAZZA
Sulla morte di Ramy Elgaml avevo lasciato il giudizio in sospeso. L’estremista che sono stato e il quasi-borghese che sono diventato cercavano di ragionare su quanto è accaduto senza avere le informazioni necessarie.
E’ vero che gli abusi delle forze dell’ordine sono quasi una costante in ogni cronaca criminale ma è anche vero che fuggire all’alt della polizia apre la porta a qualsiasi ipotesi e di per sé costituisce non solo un grave reato ma anche una sfida a chi, nella rozza cultura che lo accompagna, è convinto di detenere un potere che va oltre la legge con la copertura dei suoi superiori.
Giusto e comprensibile inseguire chi fugge, ma fino a che punto? Se l’inseguito sentendosi braccato non si ferma, se non si ha alcuna certezza che si tratti di un assassino o di un rapinatore, se l’inseguimento mette a repentaglio la vita non solo del fuggitivo ma anche quella dei passanti davvero vale la pena di continuare?
La domanda è legittima e non ha una risposta univoca, però le immagini e l’audio dell’inseguimento resi pubblici ieri sono altro, sono la testimonianza di un omicidio volontario. Si può anche accettare la prima bottarella data allo scooter a bassa velocità, ma ciò che si vede e si sente dopo è terribile. Gli inseguitori che imprecano ad ogni tentativo fallito di “stendere” le loro prede, la velocità folle in contromano, la conclusione dove la volante letteralmente spazza via lo scooter con i suoi passeggeri spiaccicandoli contro un muro, l’immediato tentativo dei carabinieri di cancellare le prove di quel gesto criminale è roba che fa accapponare la pelle, all’estremista come al semi-borghese.
Ad essere poche non sono le “mele marce” che anche questa volta verranno tirate in ballo, poche sono le volte che i criminali in divisa vengono beccati in flagrante. Pasolini aveva torto, torto marcio.
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Mario Piazza