DI GIOACCHINO MUSUMECI
Ieri critici feroci con “Giuseppi”
Approssimazioni, ipocrisia, grossolanità, insulti e rari sprazzi di lucidità nell’informazione Italiana. Pare essersi adattata alle necessità del pubblico facilone e teleguidato, oppure rassegnata con sufficienza all’analfabetismo funzionale corrosivo e imperante. Oggi viviamo la resurrezione di Trump, dunque è giusto ricordare l’ostracismo che i media riservarono a Giuseppe Conte ai tempi del famosissimo “Giuseppì” contro le lodi a Meloni prossimo supporter del medesimo Trump. Conte, accreditato presso i lidi del presidente abbronzato era umiliato e deriso coi tromboni le cui note squillavano soffiate da pagliacci col tesserino da giornalista. All’avvocatucolo di Voltura Appula era addebitato il reato di qualunquismo recidivante. Il “democristiano con la pochette” capace di governare con tutti, suscitava sdegno da quasi tutti i giudici del suo operato. In testa alla falange di critici c’era naturalmente, e va sottolineato, la spavalda Meloni oggi presidente del consiglio.
Oggi gli stessi critici generosi di elogi alla presidento “number one”
I giudici inflessibili di ieri sorprendentemente, nel coro quasi unanime di complimenti tossici come le isole di plastica nell’oceano, oggi non annotano che nostra signora della fiamma è la number one del qualunquismo/ trasformismo sfoggiato con retorica popolana dedicata ai cittadini da una parte e astuto servilismo riservato ai più potenti di lei dall’altra.
Meloni è passata con nonchalance dalle critiche aspre all’amministrazione Biden, ai tempi in cui dismise la bancarella della democrazia in Afghanistan, alla postura ultrazerbinata a Biden e gli ammiccamenti alla ex nemica Von der Leyen; pena essere cacciata da palazzo Chigi con qualche manovra di palazzo progettata a cena dal guastatore a libro paga di lobbisti terrorizzati da ipotesi di politiche troppo popolari.
La Meloni inginocchiata a Biden passa, senza pudore, ad abbracciare Trump
Se a Conte non poteva essere perdonato il sodalizio con Trump, necessità istituzionale concretizzata senza rovinare i rapporti con la Cina che la Meloni invece ha bannato per compiacere Draghi e Biden, alla “signor” premier si portano allori quando ventila il rafforzamento delle relazioni con la Casa Bianca capitanata da Trump. Ieri Meloni stava inginocchiata all’altare del democratico Biden, oggi si porta al tempio di Trump con la stessa coerenza che le ha permesso di abolire le accise. E i vari Bocchino/ Sechi, simulacri del giornalismo killer della verità, non possono ammettere, per non essere cacciati, il pressapochismo della premier camaleonte appesa a Tump, presidente influencer che come un cittadino qualunque riduce la complessità della politica estera a Show deliranti in cui ventila annessioni e rivisitazioni geografiche come stesse scegliendo il ristorante dove cenare.
Due pesi due misure
Se Conte veniva condannato per ogni sillaba pronunciata e gli veniva addebitato eccesso di statalismo sovversivo della sacra deregolamentazione a colpi di motosega, se Conte veniva umiliato quando Confindustria minacciava il fallimento dell’impresa soffocata dal Covid, tanti prenditori trafugavano la Cig, parlamentari usufruivano di bonus destinati ai più esposti e paradossalmente si condannavano in massa i percettori di Rdc, descritti come unici protagonisti del circuito ladruncolo, nessuno oggi si sogna di annotare al governo lobbismo spudorato, inchini a grandi imprese ed evasori, lo sperpero di risorse pubbliche sottratte al meridione, lo zero in termini di progettazione sostenuta dai fondi PNRR, il depauperamento delle famiglie, le menzogne sull’occupazione e i prossimi aumenti su bollette dell’energia che pendono come ghigliottine su cittadini e giornalisti accecati, si fa per dire, dalla liberazione di Cecilia Sala. Atto dovuto certo ma che non sposta di un millimetro l’incapacità di individuare i bisogni reali della maggioranza di cittadini italiani.
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Gioacchino Musumeci