Tregua Israele – Hamas: il pressing dei sionisti

DI ALFREDO FACCHINI

Alfredo Facchini

 

In Israele – si riunisce il governo

Intorno a mezzogiorno si è aperta la riunione del gabinetto di guerra israeliano, durante la quale è attesa l’approvazione dell’accordo per un cessate il fuoco nella Striscia. L’intesa, che necessita l’approvazione formale del gabinetto di guerra (composto da Netanyahu e i ministri degli Esteri e della Difesa) e successivamente dell’intero governo, non trova al momento il sostegno di tutti i membri della coalizione di governo.

Posizioni contro la tregua

Il ministro per la Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir, noto per le sue posizioni ultra sioniste, ha definito l’accordo «sconsiderato» e «un regalo a Hamas». Ben Gvir ritiene che una tregua ostacoli l’obiettivo dichiarato di “distruggere completamente Hamas”, obiettivo condiviso anche dal premier Netanyahu.
Minacciando di ritirare il proprio sostegno al governo in caso di approvazione, Ben Gvir metterebbe a rischio la tenuta dell’attuale maggioranza. Anche Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader del Partito Sionista Religioso, ha criticato aspramente l’accordo. Pur non annunciando esplicitamente un’uscita dalla coalizione, ha ventilato l’ipotesi di ritirare il proprio appoggio se il cessate il fuoco si trasformasse in una soluzione permanente.

Una maggioranza appesa a un filo.

L’equilibrio politico del governo Netanyahu dipende dall’appoggio di una coalizione fragile. Dei 120 seggi della Knesset, la maggioranza di governo può contare su 68 deputati. Il partito di Ben Gvir, Potere Ebraico, dispone di 6 seggi: un suo abbandono ridurrebbe la maggioranza a 62 parlamentari. Se anche Smotrich, con i suoi 7 seggi, decidesse di uscire dalla coalizione, Netanyahu si troverebbe senza i numeri necessari per governare.

Una simile eventualità aprirebbe la strada a nuove elezioni anticipate

L’esito della riunione del gabinetto di guerra rappresenta un bivio per la politica interna israeliana. Il costo politico per Netanyahu rischia di essere altissimo. La tenuta del suo governo e il futuro delle relazioni nella regione dipendono ora da scelte delicatissime, che oscillano tra necessità criminali strategiche e dinamiche di potere interne.
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Alfredo Facchini