DI ENNIO REMONDINO
Dalla redazione di REMOCONTRO –
L’insediamento dell’uomo più potente del pianeta, parlando di armamenti. Se sei americano, è più importante esserci o non esserci? Questione di ruoli istituzionali o di vicinanza politica. Sulla presenza della nostra premier Meloni sentiremo litigare per tutta la prevedibilmente travagliata presidenza dell’ormai attempato leader. Dal mondo, assenti per mancato invito o per opportunità politica? Persino il povero Jimmy Carter, morto centenario ha dovuto abbreviare il lutto presidenziale, per non rovinare la festa, ma certamente felice di non esserci.
Destre d’Europa a promettere fedeltà
«Pas de zèle», diceva il conte Talleyrand ai tempi di Napoleone. Niente zelo, e Viktor Orban, sostenitore di Trump da sempre, nonostante l’invito, resta a Budapest. Ci sarà, invece, il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, assieme al presidente argentino Javier Milei, unici capi di Stato o di governo estero. Strana coppia. Oltre ad un ampio manipolo di leader politici della destra europea. Santiago Abascal, leader della spagnola Vox e molto amico della nostra premier; Eric Zemmour e Marion Maréchal, i partiti francesi che a destra contendono lo spazio a Marine Le Pen; l’ex premier polacco Mateus Morawiecki e ben tre esponenti di Alternative fur Deutschland, tanto ammirata e sponsorizzata da Elon Musk. Inoltre, arriverà un caro amico di Trump, Nigel Farage, con cui i rapporti sono personali oltre che politici.
Le bugie della politica alla resa dei conti
Della pace fra Russia e Ucraina «entro 24 ore dall’insediamento di Donald Trump non c’è più traccia», e chi ancora fa giornalismo e non propaganda, ipotizza che se ne riparlerà forse verso Pasqua. Ma il ritorno di Trump alla Casa bianca è stato preceduto dalla firma dall’amico Netanyahu sull’accordo con Hamas, dopo 468 giorni di massacri, con definitivo sputtanamento della presidenza Biden e dell’inconsistente Blinken. Un bel vantaggio di partenza, ma senza poterci contrare troppo a lungo. Che in Israele un Netanyahu costretto, giochi anche sporco era nei contri. Lui solo quello sa fare. E all’improvviso sono evaporati gli ostacoli che bloccavano qualsiasi cessate il fuoco. Con Israele che ora consente l’ingresso a Gaza di 600 camion di aiuti al giorno, dopo aver puntato per mesi il dito sui presunti problemi logistici della macchina umanitaria. Esseri indegni.
Pura del nuovo, pochi rimpianti del vecchio
Come ha scritto The Nation, e come di ricorda Francesco Strazzari sul manifesto, «è la politica estera di Biden ha distrutto la sua presidenza: un’agenda politica domestica che può essere considerata la più progressista dai tempi di Lyndon Johnson si è intrecciata con una politica estera che affoga nel sangue». In Israele gli accordi sono spesso considerata di ‘carta straccia’ e sarà facole per Tel Aviv -presto per Gerusalemme-Usa, denunciare qualche mancato rispetto dell’accordo da parte di Hamas, mentre i palestinesi Hanno tutto da temere che Trump, che già riconobbe Gerusalemme capitale di Israele, abbia segretamente concesso mano libera sul furto con annessione finale della Cisgiordania palestinese occupata. Forse non tutta, per simulare una qualche micro forma di ‘quasi stato palestinese’ nelle enclave di ciò che resta della Striscia e della Cisgiordania.
Politica interna ed economica
Se l’appoggio incondizionato a Israele è stato decisivo per la disfatta di Biden e Harris, vede anche -seminascosta-, la sconfitta politica di Netanyahu lontano dall’obiettivo di ‘vittoria totale’ promessa, come denunciato nei reportage precedenti da Eric Salerno e Ugo Tramballi. Ma in politica interna dove la presidenza Biden ha dato il meglio? Difficilmente la presidenza Trump fermerà il caro vita, altra promessa categorica come le 24 ore per fermare la guerra ucraina. Quindi, politica di alleanza e di sfide, alla maniera prepotente di Trump. Messaggio a Giorgia presente e al resto Ue assente: «non sono tollerati sorpassi a destra», e se guardate troppo ad oriente, saranno dazi e altri guai. Anche se con Xi , Trump e il ‘consigliore’ Musk intendono trattare, perché gli affari sono affari e nessuno dei due vuole veder diminuire il pozzo dei propri miliardi.
Alleanza di convenienza dei colossi del Tech
Il bella mostra all’insediamento tutti i vertici dei colossi del tech: non solo l’uomo più ricco del mondo e prossimo capo del cosiddetto ‘Dipartimento per l’efficienza del governo’, Elon Musk (Tesla, Space X, X), ma anche Mark Zuckerberg (Meta), Jeff Bezos (Amazon), Sundar Pichai (Google), Sam Altman (Open AI) e lo stesso Shou Zi Chew di Tik Tok, i cui aggiornamenti sono da ieri al bando negli Usa. Il vero tema è quello dell’oligarchia del denaro al potere, come troppo tardi ha denunciato Biden. Nella strana democrazia Usa che si profila, passa dalla promessa di globalizzazione di merci e valori, al dominio su dati e infrastrutture come pilastro per le mire egemoniche classiste e suprematiste come quelle espresse dall’incontinente Elon Musk in Europa nei confronti di Gran Bretagna e Germania. Fin che Trump non si sentirà lui stesso in pericolo di egemonia di potere. Scommesse aperte se il futuro del capitalismo d’assalto planetario avrà ancora alla guida politica Donald Trump, appesantito anche dall’età, o il rampante Elon Musk, lo vedremo tra non molto. Per il momento, l’Europa, Meloni a parte, in questi giorni chiede conto a Musk dei suoi algoritmi invasivi e bugiardi.
“Tik Tok”, democrazia in pericolo
La legge sul “divieto di Tik Tok”, Social di proprietà cinese. La Corte Suprema il 17 gennaio conferisce al Presidente l’autorità di proibire qualsiasi App di social network di proprietà straniera solo dichiarandola «una minaccia significativa alla sicurezza nazionale». Tik Tok è solo la prima piattaforma nel mirino di una legge che consente di mettere sotto controllo tutte le piattaforme in cui gli utenti possono interagire, persino i videogiochi. Quelli che ci saranno permessi. Trump nell’ultimo comizio pre-presidente: «Dicono che TikTok valga miliardi, forse migliaia di miliardi. Ma senza la mia autorizzazione vale zero dollari. Il valore lo aggiungo io, allora però chiederò una partecipazione del 50% per gli Stati uniti. Che ne pensate? Che vi piaccia o meno TikTok, faremo un mucchio i soldi».
Gli affari sono affari
“Si inaugura un’era in cui il comandante in capo ha le mani libere nel decidere con chi gli americani possono trattare anche solo a parole, con chi connettersi nel mondo, seminando potenzialmente divisioni più profonde tra gli Stati uniti e i nemici designati di volta in volta. E se non bastano le minacce, l’avversario te lo compri. Ma su cosa questa sera Donald Trump nuovamente presidente ha deciso di dire al mondo e il non detto che c’è dietro, aspettiamo l’analisi più attentata di Piero Orteca di domani mattina, a coprire le otto ore di fuso orario e le infinità delle cerimonie.”
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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di
20 Gennaio 2025