Vi svelo tre piccoli segreti

DI FABIO SALAMIDA

REDAZIONE

 

Primo piccolo segreto.

A nessun giudice conviene indagare un politico, soprattutto se quel politico può scatenare mandrie di trogloditi e feccia semi analfabeta contro quel giudice con dei post sui social. Se però quell’indagine è un atto dovuto, il giudice non può evitare di indagare quel politico.

Secondo piccolo segreto.

Agli avversari di quel politico non conviene che venga indagato, perché sanno bene che appena ricevuto quell’avviso di garanzia inizierà a fare la vittima, a frignare contro la “magistratura politicizzata”. E frignando eviterà di rispondere dei suoi fallimenti: dalle promesse non mantenute al disastro dei trasporti, dalla ministra indagata per aver truffato lo Stato all’aumento della povertà.

Terzo piccolo segreto.

Se un giudice può indagare un politico, persino una presidente del Consiglio, vuol dire che il nostro sistema democratico funziona. Vuol dire che nessuno è al di sopra della legge, vuol dire che non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie Z, almeno nelle aule dei tribunali.

In conclusione

In Italia, negli ultimi decenni, molti politici hanno rubato, si sono fatti corrompere, in alcuni casi hanno persino stretto accordi con le mafie. E ci sono stati giudici che hanno perso la vita per combattere le mafie, altri che hanno assicurato alla giustizia criminali come Totò Riina e Matteo Messina Denaro. Ci sono riusciti perché non hanno avuto paura di indagare persone potenti.
L’Italia ha liberato un trafficante di esseri umani, un torturatore, un assassino. E lo ha accompagnato a casa con un volo di Stato.
Che un giudice raccolga una denuncia e la trasmetta al Tribunale dei Ministri è abbastanza normale.
Quello che non è normale è che una presidente del Consiglio metta alla gogna quel giudice e chi ha sporto la denuncia.
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Fabio Salamida