DI GIANCARLO SELMI
“È finita l’era dell’amichettismo”.
“Se pensano che io possa dare qualunque vantaggio a persone a me vicine, hanno sbagliato obiettivo”, disse quella che nominò il cognato ministro, la sorella capo del suo partito e un esercito di parenti fino al quarto grado e amici, a capo di qualunque cosa avesse in organigramma un capo.
Grave danno per il Paese
“Mettere sul registro degli indagati un PdC, è un grave danno inferto al paese”, disse quella che fece denunciare e, quindi, mettere sul registro degli indagati Giuseppe Conte, allora PdC, per aver utilizzato la scorta per andare a prendere la sua compagna da un supermercato che si trovava a 10 metri dalla casa della compagna. Casa dove si trovava, in quel momento lui e, quindi, la scorta.
Vittimismo incoerente
“Vogliono infangare il mio nome, ma non ci riusciranno”, disse quella che chiamò “criminale”, pubblicamente, in una seduta della Camera dei Deputati, l’allora PdC Giuseppe Conte. Si può continuare all’infinito, si possono scrivere tomi di centinaia di pagine sulle incoerenze, le dichiarazioni sconclusionate, di una premier che non ha ancora capito il suo ruolo. L’importanza dello stesso e i comportamenti che da quel ruolo si pretendono.
Nessun ricatto…
È ricattata dai libici forse, dagli americani, dagli apparati di potere europei, dalla grande finanza, dalle banche, dai prenditori e dai grandi poteri, quelli non esattamente visibili a tutti, ma è ricattata soprattutto da sé stessa, dalla sua pochezza, dalla sua inadeguatezza, dalla necessità di parlare a quella parte di paese che tifa per lei, con la speranza che continuino a tifare per lei. A prescindere, come si fa con l’Inter, col Milan o con la Juventus. Tifo, puro tifo, con la complicità di sublimi lingue macchiate di marrone, come quella di Vespa e altri. Il tutto mentre il paese affonda. In tutti i sensi.
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Giancarlo Selmi