L’imperialismo Usa sulla Groenlandia tocca l’Europa

DI ENNIO REMONDINO

 

Da REMOCONTRO –

Che sia una cosa grave è certo, che sia una cosa seria meno. L’aspirazione statunitense di mettere le mani sulla Groenlandia. «Il presidente Trump ha chiarito che intende acquistarla», ha detto il neo ministro degli esteri Marco Rubio (che non è di origini italiane), pensando di alleggerire l’inammissibile forzatura. La giustificazione? «Non si tratta di acquisire terreni per il gusto di farlo. Si tratta del nostro interesse nazionale e la questione deve essere risolta». Se non bastano i miliardi sbarcano i marines sciatori?

L’Impero partendo dal Canada da rubare a Re Carlo

Della ‘soluzione’ politica palestinese pensata da Trump già molto abbiamo scritto. E se non bastassero le guerre in Ucraina e Medio Oriente e le tensioni tra Occidente e Cina, il neo presidente statunitense apre nuove crisi con Canada, America Latina ed Europa spaziando ‘dalla sicurezza nazionale’ (sempre e solo americana), ai rapporti commerciali, fino alle pretese territoriali. I continui riferimenti al Canada come 51° stato degli USA hanno irritato Ottawa e Corona Britannica (Re Carlo è formalmente il capo dello stato del Canada). Le pretese ‘neo imperialiste’ di riassumere il controllo di Panama e di annettere agli USA Canada e Groenlandia, di colpire con dazi Messico, Colombia e tutti i BRICS oltre all’Europa, espresse da Trump, si stanno trasformando da boutades sopra le righe in minacce concrete che sollevano critiche in tutto il mondo e mettono a rischio la stabilità già incerta della NATO.

Mister “compro tutto”, compresi i voti americani

Trump aveva già espresso nel 2019, il desiderio di acquistare la Groenlandia ma ora i toni sono più duri. «Ai fini della sicurezza nazionale e della libertà in tutto il mondo, gli Stati Uniti d’America ritengono che il possesso e il controllo della Groenlandia siano una necessità assoluta», scrive Trump sul Truth Social. Toni e concetti fuori misura. «Necessità assoluta», che ricorda altre ambizioni territoriali che hanno insanguinato il mondo nella più recente guerra mondiale. Per il momento, dicono le cronache del colloquio telefonico con la premier danese Frederiksen, Trump è stato aggressivo e maleducato. Ma questo è il livello del personaggio. Inoltre Trump non ha mai mostrato molta considerazione per la sovranità danese sulla Groenlandia: l’isola certo gode di ampia autonomia ma la sua storica appartenenza alla Danimarca è antica e ben presente anche nell’araldica della monarchia danese, assieme alle isole Faroe.

L’araldica riscoperta e ‘l’atto ostile della Danimarca’

Nella versione aggiornata dell’araldica indagata da Analisi Difesa, uno dei riquadri raffigurante le tre corone delle monarchie di Danimarca, Svezia e Norvegia è stato ridotto e due riquadri dedicati all’orso polare e all’ariete per simboleggiare rispettivamente la Groenlandia e le Isole Faroe. E re Federico X ha provveduto anche a evidenziare le mazze in mano ai guardiani del regno, oggi più pronunciate. ‘Storia alta’ che non impensierisce il presidente Usa che non la frequenta. «La Groenlandia? Penso che l’avremo. E penso che i suoi 55 mila abitanti vogliano stare con noi. Non so davvero quali pretese abbia la Danimarca su di essa. Ma sarebbe un atto molto ostile se non lo permettessero», ha detto Trump spiegando che la vuole – ovviamente e soltanto – «per proteggere il mondo libero, e non per noi». «In questo momento ci sono navi russe, navi cinesi, navi da vari Paesi. Loro (i danesi, NdR), hanno messo due slitte trainate da cani lì due settimane fa, e pensavano che fosse protezione». Battute offensive e minacce.

Gli interessi reali oltre le menzogne

L’impressione di diversi analisti è che a Trump interessi il controllo della Groenlandia (e del Canada) soprattutto per eguagliare la Russia nell’estensione territoriale nell’Artico con l’obiettivo di sfruttarne le risorse e le rotte commerciali oggi navigabili senza rompighiacci per molto mesi. «Altrettanto evidente che l’approccio con un alleato storico come la Danimarca risulta insolente e del tutto fuori luogo, specie tenuto conto dell’impegno di Copenaghen nel supporto all’Ucraina e che le forze armate danesi sono importanti acquirenti di sistemi d’arma statunitensi: dai velivoli da combattimento F-16 agli F-35, dai missili antinave agli antiaerei, dagli elicotteri agli aerei da trasporto», denuncia Analisi Difesa. Inoltre, gli Stati Uniti controllano da decenni la base aerea di Thule, nel nord della Groenlandia e Copenaghen non avrebbe problemi a consentire un rafforzamento di tale presenza, aggiunge Gianandrea Gaiani.

Accordi minerari e non il furto

Quanto allo sfruttamento delle risorse minerarie (petrolio, gas, oro, diamanti, uranio, zinco, piombo…), dal 2009 è la Groenlandia a decidere in autonomia come sfruttarle e nel 2019 gli USA hanno firmato un memorandum sulla cooperazione in questo settore come ha fatto la UE nel 2013. L’Ue ha identificato 25 dei 34 minerali nel suo elenco di materie prime essenziali, tra cui le terre rare, ma al momento in Groenlandia esistono solo due miniere, una di rubini e l’altra di anortosite, minerale contenente titanio. Nel 2023 le Geological Survey of Denmark and Greenland ha riconosciuto la presenza di grandi riserve di minerali per batterie come grafite e litio, ed elementi delle terre rare utilizzati per i veicoli elettrici e le turbine eoliche. Identificate 6 milioni di tonnellate di risorse naturali di grafite, 36,1 milioni di tonnellate di terre rare, 235 mila tonnellate di litio e 106 mila tonnellate di rame.

La minaccia russo-cinese inventata da Trump

Finora le difficili condizioni ambientali hanno reso troppo costoso lo sfruttamento di tali risorse che, in ogni caso, le grandi compagnie statunitensi potrebbero aggiudicarsi senza bisogno che Washington si annetta o invada la grande isola. Anche la minaccia adombrata da Trump circa la presenza di navi russe e cinesi è campata per aria. Tra le sue tante frottole. «Le rotte commerciali sono aperte a tutti ma non vi sono basi russe o cinesi in Groenlandia», precisa categorico il premier, Múte Egede. «Se gli Stati Uniti vogliono parlare della Groenlandia devono parlare con la Groenlandia».

“Non vogliamo essere danesi. Non vogliamo essere americani”

“Un sondaggio dal quotidiano rileva che l’85 per cento dei groenlandesi non vuole che la loro isola diventi parte degli Stati Uniti e solo il 6% sarebbe favorevole all’annessione.”

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Articolo di Ennio Remondino dalla redazione di

7 Febbraio 2025