DA REDAZIONE
Giovanni Punzo da REMOCONTRO –
Guerre, per alcuni massacro di bombe e per altri una montagna di soldi a produrre e vendere armi per poi riguadagnare a ricostruire il distrutto. Modo meno cruento per possedere, il passaggio diretto al comprare. Sembrava storia antica ma con Trump e la Groenlandia è tornata di attualità. Ma questa è attualità. ‘C’era una volta’ deve raccontarci del prima. Assaggio di storia da decine di libri. La questione Israelo-palestinese e dell’intero Medio Oriente è il ritorno all’uso brutale della forza di cui vi parliamo quasi quotidianamente.
Stati Uniti al mercato già dal 1803
Nel 1803, con un trattato stipulato tra Francia e Stati Uniti, la Louisiana fu ceduta a questi ultimi dietro il pagamento di circa dodici milioni di dollari dell’epoca; Napoleone aveva infatti deciso di cedere questo immenso territorio che si stendeva dalle Montagne Rocciose al Mississippi e dal golfo del Messico al Canada sia per le difficoltà che stavano sorgendo nuovamente con l’Inghilterra, sia per la rivolta in corso nella colonia francese di Santo Domingo (oggi Haiti) ritenuta più redditizia dal punto di vista economico.
Le trattative furono abbastanza lunghe e non tutta la classe politica americana era favorevole all’operazione, a cominciare dal fatto che all’inizio era in discussione il solo porto di New Orleans (La Nouvelle-Orléans, in francese) e non tutta la regione. Il 4 luglio – anniversario della dichiarazione d’indipendenza del 1776 – il presidente Thomas Jefferson annunciò l’acquisizione territoriale che praticamente raddoppiava il territorio esistente, ma nello stesso tempo – poiché i confini non erano determinati con certezza – creava ulteriori difficoltà con la Spagna.
Alexander Hamilton, figura di spicco tra i Federalisti, il movimento che sosteneva la necessità prima di rafforzare l’amministrazione statale ed attuare completamente la costituzione federale, insisté proprio su questo punto sottolineando invece l’importanza dei legami con l’Inghilterra. La polemica si estese e fu minacciato perfino un tentativo di secessione degli stati del nord. Non è casuale che uno degli esponenti del movimento a favore dell’acquisizione e disposto alla secessione, Aaron Burr, si sia alla fine affrontato in duello con Hamilton uccidendolo.
In Europa mercato più tortuoso
Diverso il modo in cui si svolsero in Europa i passaggi di territori da uno stato all’altro nel corso dei secoli: conquiste militari a parte, ad ogni cessione si fece seguire una compensazione, cercando sempre di mantenere l’equilibrio complessivo tra imperi e stati satelliti.
Un momento significativo nella storia delle cessioni dei territori di altri stati o di parte di essi, fu il congresso di Vienna, ovvero la spartizione dell’Europa napoleonica. Metternich e Talleyrand – forse per la prima volta nella storia delle relazioni internazionali – fecero intervenire una commissione di geografi, economisti e statistici: non si trattava più di valutare i territori esclusivamente dal punto di vista del numero della popolazione o dell’estensione in miglia quadrate, bensì da quello della ‘qualità’.
Per spiegare tutto questo al re di Francia Luigi XVIII Tallyerand scrisse in un rapporto: «un contadino polacco, senza capitali, senza terra e poco istruito, non deve essere messo sullo stesso piano di un abitante della riva sinistra del Reno, o delle contrade tra più ricche e fertili della Germania».
Nonostante la rivoluzione francese, la mentalità sembrava ancora quella dei feudatari che vendevano le terre con i servi della gleba che vi lavoravano. Alla fine del congresso la politica di spartizione e acquisizione di territori ridusse drasticamente il numero dei stati europei ‘sovrani’ e che risalivano al trattato di Vestalia stipulato più di un secolo e mezzo prima: da più di trecento divennero quarantaquattro.
Alaska tra Canada e Groenlandia
All’indomani della guerra civile americana – nel corso della quale la Gran Bretagna, pur condannando formalmente la schiavitù, aveva però sostenuto i ribelli sudisti – nel 1867 fu acquisita l’Alaska dall’impero zarista e dove dai tempi di Pietro il Grande si erano insediate piccole comunità di pescatori, cacciatori o mercanti di pellicce. La regione, a parte i brevi mesi estivi, era decisamente inospitale, ma la costa americana che si affacciava al Pacifico si sarebbe prolungata verso nord restringendo lo sbocco canadese, ossia inglese, e prolungandosi con la lunga penisola meridionale fino alle isole Aleutine.
All’impero russo furono corrisposti poco più di sette milioni di dollari, cifra tutto sommato modesta (corrispondente a circa trecento milioni di dollari attuali) che garantiva il controllo del Pacifico settentrionale. Le reazioni dell’opinione pubblica americana furono diverse: favorevole naturalmente il segretario di Stato Seward che ricopriva l’incarico dai tempi di Lincoln e più perplessa la stampa che non risparmiò velenose frecciate sui ghiacci e gli orsi polari.
Quando però una decina di anni dopo furono scoperti ingenti giacimenti minerari l’atteggiamento cambiò, sebbene l’estrazione fosse tutt’altro che semplice e poco attrattivo il lavoro. Il valore strategico dell’Alaska divenne rilevante durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto nel corso della grande battaglia del Pacifico e dell’accerchiamento del Giappone. Aumentò ancora nel corso della Guerra fredda, nel corso della quale diventò un confine diretto tra le due superpotenze ed oggi, alla ricerca di nuove rotte artiche, continua a mantenere una grande importanza.
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Giovanni Punzo dalla redazione di
9 Febbraio 2025